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Mercati efficienti e bolle speculative: cicli economici, finanza e psicologia

La “South Sea Bubble”

Anche in questo caso a fare da protagonista è una delle tante imprese nate
all’inizio del XVIII secolo (delle vere e proprie società per azioni) ed
aventi gli scopi più disparati. Come in Francia, anche in Inghilterra, a
seguito della guerra di successione spagnola, si accumularono forti debiti
pubblici, e come successe a Parigi, anche a Londra si decise di riscattare le
sorti finanziarie del paese affidandole ad una compagnia commerciale: la
“Compagnia dei Mari del Sud”, fondata nel 1711 da Robert Harley, conte
di Oxford, e John Blunt. Questa impresa contava di fare fortuna nel
commercio di risorse minerarie e schiavi nei territori dell’america
meridionale. Ma il problema era che quelle aree commerciali erano
controllate dalla Corona di Spagna, la quale ne rivendicava il monopolio.
Tutto ciò che l’Inghilterra aveva ottenuto in realtà era un’accordo con la
Spagna che prevedeva un solo viaggio l’anno in cambio di una percentuale
dei profitti. Ma le speranze legate a questa compagnia sembravano molto
più ottimistiche, e diedero vita al genere di euforia che sta alla base di tutte
le speculazioni.
Le azioni della South Sea Company cominciarono dunque ad essere
emesse in cambio dell’assunzione di debito pubblico, fino a quando nel
1720 l’intero debito pubblico gravava sulla spalle di questa impresa! Il
prezzo di quotazione delle azioni a gennaio di quell’anno era di 128
sterline, ma già alla fine dell’estate erano arrivate a mille sterline. Secondo Galbraith neanche nella bolla olandese tante persone si arricchirono come
in questa occasione, e di conseguenza ci fu il boom delle società che
investivano in ogni campo, generando alla fine l’apprensione del governo
che a luglio approvò il “Bubble Act” per cercare di contenere la spinta
speculativa, o più probabilmente per frenare la concorrenza della South
Sea Company[6].
L’enstusiasmo cominciò a frenare con i primi realizzi, come al solito, e nel
giro di un paio di mesi il crollo travolse tutto e tutti. Anche questa volta si
tentò invano di ricorrere a prestatori d’ultima istanza quali la Banca
d’Inghilterra, costituita poco prima, e successivamente si cominciò la solita
caccia ai responsabili, in cui Jonh Blunt (fino a poco prima considerato un
genio della finanza) rischiò la vita.

Speculazioni ottocentesche

Il copione in tutti questi casi sembra ripetersi con una certa coerenza,
giungendo pressochè intatto fino ai nostri tempi. Naturalmente l’oggetto
delle speculazioni conobbe anch’esso delle evoluzioni, di pari passo con le
scoperte, così l’ottocento fu teatro ad esempio di bolle “ferroviarie”, nel
corso delle quali, come è accaduto recentemente con Internet, bastava
fondare una società che stendesse due binari tra punti strategici della carta
geografica, per fare soldi a palate. In effetti non si può negare, al contrario di quanto avvenne per i tulipani che ci fosse reale bisogno di questo tipo di
iniziative, e se le reti ferroviarie inglesi o americane sono così capillari, lo
si deve appunto alla speculazione. La stessa cosa accadde con le banche,
principalmente in America, dove “una chiesa, una taverna o una fucina di
fabbro”[7] bastavano a motivare l’apertura di una banca, ove questa a sua
volta metteva in piedi il suo traffico di biglietti di banca attorno ad
un’irrisoria quantità di oro, o valute forti.
Altrettanto importanti furono le speculazioni immobiliari, come quelle che
sfociarono nella crisi del 1819, o in quella successiva del 1837. Anche in
questo caso è interessante notare come nell’arco di al massimo una ventina
di anni l’economia e i paesi siano in grado di rimuovere completamente la
memoria dell’esperienza passata, e questo, come si vedrà nel capitolo
secondo, suggerirà lo studio di cicli economici con frequenze diverse.
Nelle speculazioni più famose del secolo passato, invece, riguardanti
principalmente gli Stati Uniti, la borsa torna protagonista ed i volumi si
fanno interessanti, al punto da coinvolgere nel crollo praticamente tutti i
settori dell’economia. Tipicamente americano è il ricorso a operazioni di
mercato aperto, e l’esasperazione del meccanismo di leva finanziaria, nella
quale si riscopre, in ogni epoca di prosperità, una trovata miracolosa ed
originale.


6 Galbraith J.K. (1990)

7 Angell, N. The Story of Money.1929, citato da Galbraith (1990)

Marco Primavera

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