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Report finanziario "CLASSIC" 01 Marzo 2005

IN MANCANZA DI MEGLIO

La paura sui mercati finanziari è durata non più di una settimana e sembra ormai aver lasciato spazio al ritorno dell'entusiasmo rialzista. Questo almeno è quel che si ricava dall'esame quotidiano dei mercati azionari negli ultimi giorni. Come avevo ipotizzato la scorsa settimana i mercati azionari, terminata la correzione di breve periodo, che su quelli, come il nostro, che avevano corso di più è stata maggiormente significativa, le Borse stanno ora tentando il ritorno verso i massimi di inizio anno e dimostreranno con l'eventuale superamento dei medesimi, che il trend è ancora intatto, mentre se i massimi resisteranno avremo probabilmente l'inizio dell'inversione ribassista di medio periodo.

Faccio notare, per inciso, che il nostro Mibtel ha rispettato alla perfezione l'analisi effettuata la settimana scorsa. Avevo affermato che l'area appena sopra 23.800 rappresentava un livello molto importante in grado di determinare il rimbalzo del mercato oppure l'inversione ribassista di medio termine. Ebbene, il Mibtel è sceso fino a 23.841, poi è rimbalzato ed ora è a circa metà strada dal massimo di metà febbraio a 24.921.

La confidenza che i mercati continuano ad avere sulle sorti future delle borse la si legge nel sentiment che caratterizza le ultime sedute, che porta ad ignorare le brutte notizie, che pure non sono mancate (il petrolio nuovamente oltre 50 dollari, la fiducia dei consumatori in calo, gli indici dei direttori d'acquisto in discesa), per dare massimo risalto a quelle positive. Il tipico comportamento dei mercati in preda ad euforia.

Eppure tutti più o meno si rendono conto che il meglio di se stesso il ciclo economico l'ha già dato. Dagli USA giungono previsioni di crescita del PIL per il 2005 inferiori al ritmo di oltre il 4% realizzato nel 2004. Gli utili aziendali, che per le società quotate dell'indice SP500 sono cresciuti nel 2004 di circa il 20%, dopo un quasi simile incremento già nel 2003, per il 2005 dovrebbero salire ad un ritmo inferiore al 10%. I tassi di interesse a breve, già passati dal 1% al 2,50%, saliranno secondo la maggioranza degli economisti fino al 4% circa entro quest'anno. Degli squilibri finanziari noti con il termine "deficit gemelli" abbiamo già parlato più volte. Per gli amanti delle cabale c'è poi il fatto che normalmente il primo anno del secondo mandato presidenziale vede le borse scendere, così come capita negli anni in cui il mese di gennaio si chiude in ribasso. E quest'anno siamo in entrambe queste situazioni.

Che cos'è allora che tiene su le borse?

Credo che siano due fattori. Il primo è letteralmente la mancanza di alternative unito all'enorme liquidità pompata nel sistema finanziario mondiale in questi anni di politiche monetarie e fiscali espansive se non addirittura lassiste. In giro ci sono caterve di soldi in cerca di rendimenti che da anni il mercato obbligazionario non dà più in termini di cedole e, con le quotazioni attuali, ora non può più dare nemmeno in termini di capital gain. Altrimenti dovremmo vedere tassi a lungo termine sotto il 3%, cioè a zero se si considera l'inflazione.

Questi soldi sono inevitabilmente calamitati dai mercati azionari, che oltretutto offrono dividendi del tutto paragonabili, se non superiori, alle cedole dei Bonds a lungo termine.

L'altro aspetto è l'incredulità dei mercati sulle possibilità di ripresa dell'inflazione nelle economie industrializzate. Aver verificato che livelli moto alti del prezzo del petrolio, che ormai vediamo da oltre un anno, non hanno portato che frazionali aumenti del tasso di inflazione, ha portato i mercati ad ignorare i pericoli di inflazione, sebbene i prezzi alla produzione rivelino una certa erosione dei margini dovuta anche all'aumento della produttività a ritmi inferiori che in passato.

Tale sicurezza ha spinto i tassi a lungo termine ad ignorare completamente i rialzi dei tassi a breve imposti dalla Federal Reserve e ad un appiattimento della curva dei tassi, che lo stesso Greespan recentemente ha dichiarato di non comprendere.

Avrà ragione il mercato oppure i nodi verranno al pettine? E quanto potrà ancora durare l'esuberanza dei mercati?

Non ci resta che attendere. Penso che le risposte verranno tra non molte settimane.

FOCUS MACROECONOMICO

Una settimana dominata da notizie contrastanti almeno quanto gli andamenti dei mercati si è conclusa con la revisione al rialzo al +3,8% del PIL americano del 4° trimestre 2004. Non è stata l'unica notizia positivaproveniente dagli USA, in quanto anche l'inflazione al consumo è salita assai poco, come previsto dagli analisti e smentisce, almeno per ora, i timori di chi si è spaventato del nuovo rimbalzo dei prezzi del petrolio oltre i 50 dollari. Ma non sono mancate anche le notizie più grigie. Infatti gli ordini di beni durevoli americani sono scesi molto più del previsto testimoniando un certo rallentamento del ritmo degli investimenti. Anche la fiducia dei consumatori è scesa a dispetto delle previsioni. Decisamente più grigia è la situazione in Eurolandia, dove dalla Germania provengono dati col segno meno, sia riguardo al PIL del 4° trimestre che all'indice IFO.

Si delinea quindi ancora una volta un andamento divergente tra le principali economie mondiali, con gli USA che continuano a crescere a ritmi assai sostenuti, mentre la ripresa tarda a manifestarsi sia in Europa che in Giappone. Non deve quindi sorprendere più di tanto se i tassi di ineteresse a lungo termine in Europa non danno segni di significativa risalita, mentre invece negli USA stanno pian piano adeguandosi alla crescita di quelli a breve.

La settimana corrente si caratterizza per una pioggia di dati, tra cui rileviamo come più importanti quelli provenienti dall'america relativi a: ISM (martedì e giovedì), produttività (giovedì) e creazione di posti di lavoro (venerdì). Non manca il solito intervento di Greenspan (mercoledì) a dare un po' di pepe ai mercati.

Pierluigi Gerbino

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