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La realtà inventata...non dalla psicologia ma dalla. fisica!

Rupert Sheldrake: Una nuova scienza della vita

Agli inizi degli anni Ottanta, un giovane studioso di biologia vegetale, l'inglese Rupert Sheldrake, entrò in questa polemica con una teoria che scosse il mondo scientifico. La sua «ipotesi di causazione formativa» comparve nel suo libro A New Science of Life [Una nuova scienza della vita]. La teoria ha destato reazioni appassionate, sia da parte di sostenitori sia di detrattori. Come Driesch, anche Sheldrake è stato snobbato e attaccato da alcuni suoi colleghi scienziati. Altri l'hanno appoggiato con energia, ritenendo la sua teoria una seria proposta da verificare in sede sperimentale. Se si fosse dimostrata esatta, essa sarebbe assurta al rango di una delle più grandi idee del secolo, anzi dell'intera epoca scientifica.

L'ipotesi di Sheldrake è pertinente alla nostra concezione di mente non localizzata, con cui è anzi estremamente compatibile. La sua idea di causazione normativa suggerisce che la mente umana non sia localizzata nello spazio e neppure nel tempo; che non sia limitata al «qui e adesso»; che sia immortale e non energetica, con il corollario che il suo effetto non venga diminuito dalla separazione spaziale.

Nella sua ipotesi la mente è non localizzata in un altro importante modo: non è ristretta al cervello né prodotta da esso, anche se può agire attraverso il cervello, più o meno come l'elettricità agisce attraverso un filo senza essere generata dal filo stesso. L'ipotesi di Sheldrake corrobora l'idea di una coscienza collettiva secondo cui essa può essere immagazzinata collettivamente come una sola mente, fuggendo dalla prigionia del cervello e del corpo di singole persone.

Poiché questa ipotesi suggerisce che la mente non è localizzata nello spazio, che può persistere nel tempo e che è oltre il corpo, contiene strabilianti implicazioni circa l'immortalità. Inoltre, secondo l'ipotesi di Sheldrake la coscienza non è necessariamente limitata agli esseri umani. Perlomeno in grandi variabili, può essere condivisa da molte forme di vita oltre che dagli esseri umani.

Rupert Sheldrake studiò scienze naturali presso il Clare College dell'Università di Cambridge, poi passò un anno a Harvard studiando filosofia e storia delle scienze. Ritornò poi a Cambridge dove, nel 1967, si laureò in biochimica e biologia cellulare; infine dal 1967 al 1973 lavorò per il Clare College e fu direttore dell'Istituto di biochimica. Durante il suo soggiorno a Cambridge concentrò le sue ricerche, presso la fondazione Rosenheim della Royal Society, sullo sviluppo delle piante e l'invecchiamento delle cellule.

Nel 1974 si recò in India, spinto dal desiderio di applicare la sua formazione scientifica per il bene dell'umanità. Lavorò in questo paese e precisamente a Hydebad fino al 1978, presso l'Istituto internazionale di ricerca sulle coltivazioni nei tropici semi-aridi, dedicandosi alla fisiologia delle piante leguminose tropicali. Per molti anni continuò a trascorrere circa quattro mesi all'anno in India, come consulente di fisiologia vegetale, vivendo in condizioni umili con i suoi colleghi indiani, alla ricerca di tecniche di ottimizzazione dei raccolti, in considerazione del disperato fabbisogno alimentare di molti paesi.

Eppure alcuni dei detrattori di Sheldrake l'hanno dipinto come un filosofo da strapazzo e non un vero scienziato. Al contrario, Sheldrake ha una profonda conoscenza dei più intimi particolari della biologia, sia a livello cellulare sia macroscopico e inoltre si è immerso di proposito nello studio formale della filosofia della scienza, disciplina di cui pochi scienziati possono vantare la conoscenza.

Secondo l'ipotesi di Sheldrake, i sistemi sono organizzati nel modo in cui ora si manifestano perché sistemi analoghi erano organizzati allo stesso modo in passato. Specificatamente, le forme e il comportamento caratteristici di tutti i sistemi chimici, fisici e biologici attualmente esistenti sono guidati e plasmati da campi organizzativi che, come una mano invisibile, agiscono attraverso lo spazio e il tempo. Sheldrake li chiama campi morfogeni (dal greco morphe, forma, e genesis, messa in essere).

I campi morfogeni di ogni sistema esercitano la loro influenza su sistemi successivi mediante un processo chiamato risonanza morfica. Per fare un esempio, si può dire che il motivo per cui una cellula di una pianta diventa una cellula di foglia e non una di radice è perché si sintonizza, per così dire, attraverso la risonanza morfica, con i campi morfogeni di tutte le foglie precedenti della stessa specie. Questo processo si determina per tutti i sistemi riscontrabili in natura.

Le attuali concezioni biologiche divergono molto, naturalmente, da questa visione. Tuttavia l'idea di campi invisibili non è nuova.

Essi rappresentano anzi una parte accettata della fisica contemporanea (per esempio i campi elettromagnetici e gravitazionali). La stessa cosa si può dire per l'azione a distanza (anch'essa un caposaldo della teoria di Sheldrake), come l'attrazione gravitazionale della luna sugli oceani terrestri, che crea le nostre maree. Anche se i campi sono particolarmente comuni nella fisica odierna, non trovano però spazio nella biologia ortodossa.

Un'altra grande differenza fra la proposta di Sheldrake e quella della scienza ortodossa è che questa sostiene che tutti i processi fisici sono guidati attraverso leggi fisiche inviolabili. Queste leggi sono eterne ed esistono al di fuori del tempo. Al contrario, i campi morfogeni esistono nel tempo. Vengono sviluppati con il passare del tempo, sono modificati dalle configurazioni e dalle forme di tutti i sistemi successivi, e si trasmettono attraverso il tempo influenzando futuri sistemi ancora a venire.
Sheldrake non è stato l'unico a contestare l'asserzione che le leggi fisiche sono eterne e immutabili: anche molti altri scienziati operanti entro schemi accettati hanno cominciato a sollevare dubbi circa questo assunto.

Forse la più grande sfida proviene dalle attuali teorie cosmologiche. E' opinione ampiamente diffusa che l'universo si sia organizzato in quell'inimmaginabile istante chiamato Big Bang; in quest'attimo colossale tutta la materia dell'universo entrò in essere, congiuntamente a tutte le leggi fisiche che ne regolano il comportamento. Poiché prima del Big Bang non c'era niente di materiale o fisico, non ha senso parlare di leggi «fisiche» esistenti allora; d'altra parte, se non esistevano allora, sono derivate e frutto di uno sviluppo, non date per sempre. Viste nella prospettiva della moderna teoria cosmologica, l'idea di Sheldrake che le leggi fisiche non sono immutabili ed eterne ma si sviluppano nel tempo con il «procedere» delle cose, non appare eretica come potrebbe sembrare.

Ma i cosmologi non si spingono così lontano come Sheldrake. Essi suggeriscono che dopo il Big Bang le leggi si siano calcificate; esse sono diventate fisse e da allora non si sono più modificate. invece Sheldrake sostiene che le leggi governanti le forme di tutte le cose sono sempre in trasformazione con il passare dei tempo, dato che i campi morfogeni sono sempre suscettibili di modificazione.

La pubblicazione in Inghilterra di A New Science of Life scatenò un vespaio di polemiche. Sheldrake fu paragonato a Uri Geller, il paragnosta famoso per la sua facoltà di piegare i cucchiai, e fu accusato di essersi «dato al misticismo». Altri scienziati presero le difese sia delle idee di Sheldrake sia del principio della libertà di ricerca, sostenendo che nessuna idea dovrebbe essere condannata prima di essere vagliata sperimentalmente, per quanto possa apparire bizzarra.

Il fisico Brian Josephson, un premio Nobel, dichiarò: "Sta ora emergendo un nuovo modo di concepire la natura, con concetti come ordine implicito e realtà soggetto-dipendente (e oggi, forse, causazione formativa)".

Nei primi giorni successivi alla sua pubblicazione uno dei più forti sostenitori dell'ipotesi di Sheldrake della causazione formativa fu la rivista inglese New Scientist, che dichiarò coraggiosamente: «La scienza occidentale ha purtroppo creato una falsa costruzione del mondo e delle creature che esso contiene... Quanto Sheldrake propone è scientifico. Ciò non significa che egli abbia ragione, ma che la sua teoria è sperimentalmente controllabile».

Una delle prime persone che negli Stati Uniti riconobbe la potenziale importanza delle idee di Sheldrake fu Marilyn Ferguson, editore e direttore del Brain Mind Bulletin e autrice di un libro che fu accolto con grande favore, The Aquarian Conspiracy: Personal and Social Transformation in the 1980. [Il complotto acquariano: trasformazioni personali e sociali negli anni Ottanta].

La nuova ipotesi iniziale [di Sheldrake] potrebbe capovolgere molti concetti basilari sulla natura e la conoscenza. Nelle sue implicazioni, ha la vastità di portata della teoria dell'evoluzione di Darwin .

 

Capitolo tratto da “Guida alla Risoluzione dei Conflitti a partire dal metodo Hamer” scritto da Marco Pizzi e Alessandro Spreafichi ed edito da Macro Edizioni.

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