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La realtà inventata...non dalla psicologia ma dalla. fisica!

Non localizzazione

La fisica moderna pone un'altra limitazione all'idea della "non localizzazione" attraverso la velocità della luce. Secondo la Teoria einsteiniana della Relatività speciale, la velocità a cui l'informazione può viaggiare è limitata dalla velocità della luce o meno. Questo in fisica è un principio sacro, e molti fisici lo ritengono inviolabile. Ma, in un mondo non localizzato, le connessioni fra «oggetti» lontani fra loro si realizzerebbero a una velocità maggiore di quella della luce: avverrebbero all'istante.

In contrasto con un simile mondo localizzato, come apparirebbe un mondo non localizzato? Una chiara descrizione è presentata nell'eccellente libro di Nick Herbert "Quantum Reality" [La realtà quantistica].

Herbert, un'autorità in materia di effetti non localizzati in fisica, sostiene che le influenze non localizzate, ammesso che esistano, non sono mediate da campi o da nessun altro fenomeno.

Quando A si connette con B in modo non localizzato, nulla attraversa lo spazio intermediato e quindi nessuna quantità di materia frapposta può schermare questa interazione. Inoltre, influenze non localizzate non diminuiscono con la distanza. Diversamente da effetti localizzati, sono potenti a milioni di chilometri come a millimetri di distanza. Le influenze non localizzate inoltre agiscono istantaneamente. La velocità della loro trasmissione non è limitata dalla velocità della luce.

Quindi un'interazione non localizzata collega una località a un'altra senza attraversamento di spazio, senza degrado e senza ritardo. Un'interazione localizzata è, in breve, non mediata, intatta e immediata .

Ma se molti fisici sostengono che un simile mondo non localizzato non è possibile neppure in linea di principio, e se le quattro forze fondamentali della natura possono essere adeguatamente descritte senza ricorrere a connessioni non localizzate, perché mai preoccuparsi di parlare di un mondo del genere?

Il motivo sta nel fatto che nel 1964 un fisico irlandese, John Stewart Bell, dimostrò l'effettiva esistenza di un mondo del genere. In una prova matematica confermata da numerosi esperimenti, chiamata Teorema di Bell, egli dimostrò che l'ipotesi secondo cui il mondo è intrinsecamente localizzato è errata.

Stefano Calamita

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