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La performance dei fondi comuni di diritto italiano

L’indipendenza del gestore: i conflitti d’interesse

L'interesse degli investitori si impone come preminente criterio-guida dell'attività dell'intermediario in ragione dell'essenza stessa dell'attività di gestione di patrimoni altrui. Tale criterio è pertanto espressamente indicato dal legislatore, assieme ai canoni comportamentali di diligenza, correttezza e trasparenza. Il rispetto di tale principio (che si arricchisce di un'ulteriore valenza per il gestore collettivo, chiamato ad esercitare i diritti di voto di pertinenza dei fondi gestiti) richiede un apprezzabile grado di autonomia e trasparenza decisionale da parte della Società di gestione. L'indipendenza, funzionale all'esclusivo interesse degli investitori, è il predicato di una gestione protetta da influenze che possano derivare sia dall'assetto strutturale (interno o di gruppo) del soggetto che la esercita, sia dalle stesse modalità di svolgimento, da parte di quest'ultimo, delle proprie attività.

In tale prospettiva, le norme primarie impongono, in via generale, alle SGR di organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse (trattandosi di elementi potenzialmente perturbatori rispetto al perseguimento dell'interesse esclusivo degli investitori, e dunque rispetto all'indipendenza della gestione), anche tra i patrimoni gestiti.

Le norme secondarie (in particolare, delibera Consob 11522/98) prevedono che gli intermediari debbano vigilare per l'individuazione dei conflitti di interessi e ne esemplificano alcune "forme", distinguendo , all'interno della generale nozione di "interesse direttamente o indirettamente in conflitto" con quello degli investitori, i conflitti derivanti:
- da rapporti di gruppo;
- da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo;
- dalla prestazione congiunta di più servizi.

Il regolamento Consob (delibera 11522) da un lato precisa che le SGR (e le Sicav) possono effettuare operazioni in conflitto di interessi a condizione che sia comunque assicurato un equo trattamento degli Oicr, avuto anche riguardo agli oneri connessi alle operazioni da eseguire; dall'altro dispone che esse individuano i casi in cui le condizioni contrattuali convenute con i soggetti che prestano servizio a favore di dette società configgono con gli interessi degli Oicr gestiti e assicurano:
a) che il patrimonio degli Oicr non sia gravato da oneri altrimenti evitabili;
b) che vengano illustrate agli investitori nel prospetto informativo le fonti di reddito o le altre utilità percepite a fronte della prestazione del servizio di gestione collettiva dalla società di gestione del risparmio o dalla Sicav non direttamente derivanti dagli Oicr a titolo di commissioni gestionali. Relativamente agli aspetti organizzativi, le SGR devono adottare procedure interne finalizzate ad assicurare che non si verifichino scambi di informazioni con altre società del gruppo che prestano servizi di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini, collocamento e servizi accessori di consulenza alle imprese, servizi connessi all'emissione o al collocamento di strumenti finanziari. Inoltre, diverse disposizioni non espressamente dedicate ai conflitti di interesse acquistano, anche indirettamente, una particolare valenza in ordine a questo tema.

Anche tra le norme dettate dalla Banca d'Italia per profili di propria competenza, ve ne sono alcune con simili caratteristiche: il divieto di investire il patrimonio del fondo in beni direttamente o indirettamente ceduti da un socio, amministratore, direttore generale o sindaco della SGR, o da una società del gruppo ovvero di cedere tali beni ai medesimi soggetti; il limite all'acquisto in caso di operazioni di collocamento di strumenti finanziari effettuate da società del gruppo di appartenenza della SGR; la previsione che in caso di investimenti in depositi bancari presso una banca del gruppo della SGR la banca pratichi al fondo condizioni almeno equivalenti a quelle da essa applicate alla propria clientela primaria; la regola prudenziale relativa alla concentrazione degli investimenti in strumenti finanziari di emittenti appartenenti al medesimo gruppo, che fissa un limite rispetto alle attività del fondo (più severo quando il gruppo è quello di appartenenza della SGR).

Sul piano sanzionatorio, oltre agli eventuali provvedimenti di vigilanza correlati al controllo sull'attività svolta dagli intermediari dall'Autorità competente (ed alle misure di tutela azionabili sul piano civilistico, ricorrendone i presupposti, dagli investitori che lamentino un danno), merita di essere menzionata la tutela penalistica apprestata dall'art. 167 TUIF, che individua il reato di "gestione infedele" nel comportamento di chi, nella prestazione del servizio di gestione di portafogli di investimento su base individuale o del servizio di gestione collettiva del risparmio, in violazione delle disposizioni regolanti i conflitti di interesse, pone in essere operazioni che arrecano danno agli investitori, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

Le norme citate si limitano ad identificare alcune forme "tipiche" di tali conflitti ed indicare, in termini perlopiù generici, i principi cui improntare la condotta (trasparenza, equo trattamento dei patrimoni gestiti, esclusione di oneri sovrabbondanti a carico degli stessi) e taluni presidi organizzativi, al contempo imponendo, tuttavia, agli intermediari di vigilare su tali conflitti. Assume quindi rilevanza l'autoregolamentazione, fronte che ha visto impegnate, negli ultimi anni, sia le singole società che le associazioni di categoria.

In particolare, il Protocollo di autonomia per le SGR (elaborato da Assogestioni nel 2001), facendo riferimento, tra l'altro, al rapporto redatto nel maggio 2000 dal Comitato Tecnico della International Organization of Securities Commissions (IOSCO), dedicato ai "Conflicts of Interests of CIS Operators" , detta una serie di regole di condotta e di struttura il cui obiettivo è quello di ridurre il rischio che si presentino situazioni di conflitto.

Nota:
Le attività dei CIS Operators dalle quali possono sorgere conflitti di interessi sono individuate con riferimento a due "aree" di attività. La prima riguarda le "investment selection activities", e comprende le operazioni degli Oicr che coinvolgono "affiliated parties" nel ruolo di controparti dirette, di intermediari ovvero di partecipanti ad una operazione congiuntamente con l'Oicr. La seconda area di attività riconduce sotto le "other CIS management activities" una diversificata gamma di comportamenti che vanno da quelli relativi alla individuazione di commissioni, oneri e spese da imputarsi agli Oicr, agli accordi c.d. di soft commissions, alle operazioni effettuate in proprio dal gestore o da singoli addetti, fino alle politiche di remunerazione degli addetti. Vengono elencate anche alcune misure ritenute utili a minimizzare gli effetti negativi dei conflitti, sottolineando che non esistono strumenti idonei a fronte di ogni tipo di conflitto. Grande importanza è attribuita all'autoregolamentazione, perché l'imposizione "dall'alto" di standard di comportamento obbligatori, piuttosto che su base volontaria, se da un lato può conferire maggiore certezza su detti standard, dall'altro pone il rischio di una loro applicazione formale e in definitiva poco consapevole (check-list approach) e di comportamenti sostanzialmente elusivi. Assogestioni, Protocollo di autonomia per le SGR, 2001, pag. 7.

Dott. Luigi Salvatore Picariello

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