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Sulle dinamiche del ciclo misesiano

Dalla dinamica del boom alla crisi

A questo fine è necessario tornare nuovamente alla dinamica della variabile-chiave del periodo di espansione, lo scostamento fra il tasso di interesse di mercato, che scende al di sotto del suo valore iniziale a seguito dell’aumento di offerta di moneta, e il tasso di preferenza intertemporale, che rimane sostanzialmente costante poiché funzione della disponibilità degli individui a differire il consumo nel tempo[18].

Ora, quando il tasso di interesse di mercato scende, gli individui osservano che il tasso al quale chiedono che la propria rinuncia al consumo immediato sia remunerata (il tasso di preferenza intertemporale) è superiore al tasso effettivamente loro corrisposto (il tasso di interesse). Posto un saggio marginale di preferenza intertemporale decrescente[19], gli agenti tenderanno quindi a ridurre i risparmi e ad aumentare i consumi immediati. In considerazione del tasso di interesse prevalente non vale infatti la pena rinunciare al consumo come nei periodi precedenti[20].

Tale comportamento avrà due effetti. In primo luogo si verificherà una riduzione dei depositi bancari e dunque anche del credito ordinario[21]; riduzione che spingerà gli investitori ad accettare quantità crescenti di moneta fiduciaria. In secondo luogo gli investitori, osservato l’aumento della domanda di beni di consumo, saranno indotti a estrapolare la tendenza recente e quindi a espandere l’offerta di beni di consumo nel lungo periodo. In altre parole, non solo la domanda di credito circolante cresce perché si riducono i depositi (effetto sostituzione), ma anche perché si anticipa una maggiore domanda futura di beni e quindi si ritiene opportuno aumentare l’attività di investimento (effetto boom).

Dal punto di vista empirico questa ipotesi di comportamento sembra ampiamente confermata. In tal caso però il problema del malinvestment merita di essere ridefinito. Non si tratterebbe più di un rimescolamento dei progetti di investimento a favore di quelli con un orizzonte temporale più esteso; bensì di un aumento dell’investimento aggregato, per soddisfare la maggiore domanda a breve termine e in anticipazione della maggiore domanda futura. In sostanza, gli investitori scambierebbero un movimento dei consumatori lungo le proprie curve di indifferenza intertemporali per uno spostamento permanente della domanda aggregata[22]. La condotta dei consumatori in effetti alimenta tale convincimento, perché quando i consumatori vedono scendere il tasso di interesse di mercato, essi razionalmente ritengono che tale diminuzione segnali che l’anticipazione del consumo e la corrispondente riduzione del risparmio comportino minori sacrifici futuri rispetto a quanto essi ritenevano fino a quel momento.

Naturalmente, l’errore che contraddistingue la fase di boom viene alla luce quando, dopo un periodo più o meno esteso, i consumatori si rendono conto che l’accumulazione di capitale è scesa sotto il livello da loro atteso: poiché la tecnologia non è cambiata, non è cambiata neppure la frontiera delle possibilità produttive. E quindi il sacrificio in termini di consumi futuri alla fine si rivela essere maggiore di quanto supposto.

Si può quindi concludere che il ciclo è sì innescato dalla creazione di creditofiduciario; ma si deve aggiungere che la fase di espansione è alimentata dalla condotta deiconsumatori, i quali aumentano il consumo immediato e sottostimano il costo della loro decisione.

Gli investitori reagiscono di conseguenza. Contrariamente alla concezione misesiana originaria, dunque, i protagonisti dell’illusione che scatena l’espansione non sono tanto gli investitori, quanto i consumatori, che si illudono di potersi collocare su una curva di indifferenza intertemporale più elevata a parità di possibilità produttive. Quando si accorgono che il ’pasto gratis’ non esiste riconducono i propri comportamenti agli schemi originari e l’economia si trova sbilanciata (eccesso di capacità produttiva).


18 In astratto non si può certo escludere che le preferenze individuali si modifichino in presenza di fenomeni inflazionistici, che è quanto accade durante la fase espansiva del ciclo. Poiché tuttavia gli autori austriaci non vi fanno cenno, si rinvia ad altra sede l’approfondimento delle caratteristiche e implicazioni di tali eventuali cambiamenti.

19 Questo significa che i consumatori chiedono una remunerazione crescente al crescere del consumo immediato a cui si è rinunciato.

20 Stranamente, Mises insiste nel negare che la domanda di beni di consumo immediato possa crescere, ritenendo costante sia la produzione aggregata, sia la quantità di risorse destinate all’attività di investimento. Per Mises l’effetto del boom si manifesterebbe infatti esclusivamente sulle caratteristiche temporali dell’attività degli investitori, che abbandonerebbero i progetti che creano beni e servizi nel breve termine (beni di ordine inferiore, secondo la terminologia austriaca) a favore di progetti con redditività a lungo termine (i beni di ordine superiore).

Si noti peraltro che, anche qualora si accettasse l’ipotesi classica di ‘reddito di piena occupazione’ fatta propria da Mises, la natura del malinvestment rimarrebbe dubbia. È infatti presumibile che al crescere della domanda di beni di consumo immediato, il cui prezzo relativo tenderà dunque ad aumentare, gli investitori trovino vantaggioso approfittare delle condizioni di credito agevolato per concentrare gli investimenti in progetti che consentano di accrescere la produzione di beni di consumo a tempi brevi, non a tempi lunghi. Naturalmente, ciò non esclude che quegli stessi investitori, constatata la crescita della domanda, si impegnino – aiutati in ciò dalla complicità del sistema bancario – per espandere la produzione nel lungo periodo.

21 Si tratta del cosiddetto commodity credit, che corrisponde ai risparmi del pubblico.

22 Si noti che in circostanze normali - tipiche della evenly rotating economy misesiana - questo non avverrebbe perché l’aumento nei consumi e la riduzione del risparmio avrebbero dato luogo a un aumento del tasso di interesse; ciò avrebbe dissuaso gli investitori dall’impegnarsi in progetti a rendimento differito. Nel corso del boom, invece, la presenza di moneta fiduciaria con effetto inflazionistico sequenziale produce segnali di segno opposto.

Prof. Enrico Colombatto

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