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Report finanziario "CLASSIC" 24 Maggio 2006

OTTOVOLANTE

I mercati finanziari ci hanno mostrato nei giorni scorsi che cosa significhino le prese di beneficio generalizzate nell'attuale contesto globalizzato.

Non contenti, hanno anche mostrato ai neofiti del trading, che si sono affacciati negli ultimi anni ai mercati, quel che nei tre anni terribili di inizio millennio era all'ordine del giorno: la devastazione della volatilità.

I traders più amanti del rischio, posizionati su mercati (Russia, India ed emergenti vari) o su titoli (Tenaris, Saipem, STM, Italease, ecc.) piuttosto speculativi, hanno toccato con mano l'ebrezza del guadagno e della perdita facile, che le borse hanno dispensato abbondantemente in questi giorni.

Il calo di queste settimane pare significativamente diverso dai precedenti storni, che abbiamo vissuto nei mesi scorsi.

Innazitutto la volatilità implicita prezzata sui mercati ha raggiunto picchi superiori alle precedenti correzioni. Preciso che la volatilità implicita pagata dagli specialisti delle opzioni sull'indice è un indicatore di "paura", cioè del timore di forti correzioni. Durante i precedenti storni degli ultimi mesi (ad aprile ed ottobre 2005, per esempio) la volatilità implicità espressa dall'indice VIX (che misura la volatilità implicita sulle opzioni riferite all'indice SP500) non ha mai superato quota 18. L'altro giorno invece questo indicatore ha quasi toccato quota 20 e soprattutto il suo trend appare aver invertito verso il sentiero della crescita, dopo essere stato in calo per ben 3 anni.

Il secondo elemento caratteristico ci indica che questa volta lo storno è stato generalizzato ed ha riguardato tutti i mercati. Chi più (Russia, India, Brasile ed altri emergenti, tutti con storni intorno al 20% o più) chi meno (USA e Cina), tutti i mercati si sono allineati all'ordine di scuderia partito da Wall Street ed hanno ripiegato. Precedentemente invece c'era sempre qualche area che non si adeguava al momentaneo pessimismo americano (il Giappone, gli emergenti, a volte persino la nostra Borsa).

Il terzo elemento significativo e specifico è proprio la correzione violenta dei mercati emergenti, che rivela, più che un mutamento nelle prospettive economiche di quei paesi, una diversa percezione del rischio da parte dei mercati. L'ottimismo che ha trascinato al rialzo le borse in una cavalcata rialzista durata oltre 3 anni, ha lasciato il passo alla cautela e, per la prima volta, si prende in considerazione che qualcosa potrebbe andare storto sui mercati azionari, nonostante la crescita mondiale record nel 2005 e forse altrettanto nel 2006. Anzi, è proprio questo eccesso di salute dell'economia mondiale a preoccupare, poiché si sa che le espansioni troppo forti si trascinano dietro pressioni inflazionistiche da eccesso di domanda e da costi. E sono proprio queste pressioni inflazionistiche, molto temute dalle banche centrali, che innescano le strette creditizie preventive, per togliere l'ossigeno del danaro facile alla crescita dei prezzi.

Insomma, sembra di percepire che è proprio il "sentiment" dei mercati, il loro umore psicologico ad essere cambiato, senza che sia intervenuto nessun evento particolarmente eclatante. Quando i mercati accumulano eccessi non è necessario un evento particolarmente significativo a far scoppiare le bolle speculative.

I mercati azionari hanno cambiato le lenti con cui osservano gli eventi. Mentre fino a due settimane fa la tendenza generale era quella di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, sottovalutando i dati negativi ed esaltando quelli positivi, da ora e per qualche tempo, fin che non si sarà esaurita la correzione, i mercati tenderanno a vedere il bicchiere mezzo vuoto, impaurendosi per i dati negativi e quasi ignorando quelli positivi.

Paradossalmente poi ogni dato che mostri forza nell'economia americana verrà letto come una minaccia alla stabilità dei tassi. Per togliere un po' di ansia ai mercati azionari dovrebbero arrivare alcuni dati economici più brutti del solito, che rivelino la capacità dei sistemi economici di moderare la crescita senza bisogno di ulteriori rialzi dei tassi di interesse.

Occorrerà abituarsi al mutato clima e non pensare che questa volta sarà come le precedenti, con le borse in grado di recuperare in pochi giorni le correzioni e tornare a realizzare nuovi massimi.

Se il ciclo rialzista è finito, come sembra, e quello ribassista è appena all'inizio, la cosa peggiore che si può fare è interpretare il futiuro rimbalzo come occasione per fare le famigerate "medie dei prezzi", comprando nuovamente i titoli su cui magari si sta già perdendo nell'illusione che tornino presto ai massimi.

Il mercato orso falcidierà tali illusioni e trasformerà molte posizioni in perdita in "investimenti di lungo periodo".

Meglio interpretare il rimbalzo come occasione per uscire, poiché alla prima zampata dell'orso, tuttora in corso, dopo il rimbalzo ne dovrebbe seguire una seconda, altrettanto dolorosa, che farà toccare ai mercati minimi decisamente inferiori agli attuali.

FOCUS MACROECONOMICO

Il crollo, o, se non vogliamo usare parole troppo grosse, il calo significativo dei mercati a cui abbiamo assistito nei giorni passati è stato scatenato dal dato economico sull'inflazione americana. L'avevo chiaramente indicato nel focus della scorsa settimana, quale elemento in grado di muovere il mercato se si fosse discostato dalle attese degli analisti. In realtà lo scostamento non è stato poi così marcato, ma in un contesto di fragilità psicologica dei mercati, al culmine di parecchie minibolle speculative e di cicli rialzisti piuttosto lunghi, è bastato a scatenare vere e proprie scene di panico sui mercati azionari, con particolare riferimento a quelli dei paesi emergenti (Russia -30% in 6 giorni, India -20%), ma anche a danno degli indici più famosi. Anche le materie prime hanno visto consistenti ribassi nei prezzi, correggendo così gran parte dell'euforia che si era vista nei mesi e settimane passati.

Ho l'impressione che dovremo farci l'abitudine a mercati che, ora più che in passato, subiranno repentine variazioni di direzione a seconda delle notizie che quotidianamente si riverseranno sui mercati. E' una conseguenza inevitabile del messaggio che la Fed ha voluto inviare in modo non sempre efficace ai mercati: la stretta monetaria potrà proseguire o fermarsi a seconda delle indicazioni economiche che arriveranno nei prossimi mesi.

Le variabili che in questo periodo e fino a fine giugno condizioneranno maggiormente la politica monetaria e di conseguenza i mercati sono quelli relativi all'inflazione ed in secondo luogo quelli che su essa possono avere le maggiori spinte: quelli sul mercato del lavoro e la produttività. Oltre ovviamente al prezzo delle materie prime, che però è un dato di mercato e non una statistica economica.

Poi, in estate, si aggiungerà il tormentone sugli utili societari del secondo trimestre a misurare l'impatto della pressione dei costi sui bilanci aziendali.

La settimana corrente non ospita nessuno dei dati strategici indicati. Da segnalare soltanto la seconda stima del PIL americano, che dovrebbe correggere al rialzo il precedente già alto valore stimato. Per il resto ordinaria amministrazione.

Pierluigi Gerbino

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