Home > Doc > Report FINANZIARIO "CLASSIC" > 19 Aprile 2006

Report finanziario "CLASSIC" 19 Aprile 2006

LE SETTE VITE DI WALL STREET

Il periodo pasquale ha portato sullo scenario finanziario mondiale una serie di novità che in altri periodi avrebbero provocato sul mercato azionario formidabili sconquassi. Invece questa volta le borse azionarie non stanno solo resistendo stoicamente alle cattive notizie, ma Wall Street dimostra addirittura di avere le classiche sette vite, come i gatti, e mette in bella mostra quell'euforia di cui parlavo negli ultimi commenti settimanali.

Nello spazio di pochi giorni poco prima di Pasqua abbiamo visto il mercato obbligazionario subire un profondo calo sulle scadenze lunghe, e realizzare così la normalizzazione della curva dei tassi, che ora è tornata ad inclinarsi positivamente, come è giusto che sia. Il mercato obbligazionario ha così preso atto che la crescita economica mondiale è piuttosto robusta, come ci hanno dimostrato i numerosi dati macro usciti negli ultimi mesi, e che anche il primo trimestre 2006 dovrebbe portare una crescita del PIL USA di tutto rispetto.

Un altro evento balzato all'attenzione generale è la nuova impennata del prezzo del petrolio che, grazie ai problemi produttivi causati dalla guerra civile in Nigeria e al duro confronto che oppone il club dei paesi nucleari all'Iran, sta abbattendo ogni ostacolo e punta ormai verso i 95-100 dollari, imitato nella corsa dal più tipico bene rifugio, l'oro, che è tornato prepotentemente a segnare prezzi oltre i 600 dollari l'oncia, come non si vedeva da oltre 20 anni.

Lo scenario geopolitico non è stato da meno, poiché le mire nucleari del premier iraniano dal cognome impronunciabile e la ripresa degli attentati kamikaze in Israele, giustificati dal partito di Hamas ora al potere nei territori palestinesi, sta disegnando tinte assai fosche sul futuro della regione e sembra riproporre quello scenario fatto di ultimatum, minacce, sanzioni e orgoglio nazionalistico che abbiamo già vissuto 4 anni fa. Con la differenza però che questa volta non abbiamo un confronto tra una potenza invincibile e un dittatore allo stremo, ma quello tra una potenza che ha sperimentato il fallimento del progetto in Iraq ed un regine di fanatici pronti a tutto ed in possesso di materiale nucleare.

Eppure, nonstante questi macigni a sbarrare la strada dei mercati azionari, Wall Street ha mostrato le unghie e dopo essere stata respinta al primo attacco di quota 1315 (dell'indice SP500), ha ripreso le forze con una mini-correzione e in questi giorni sta ripresentandosi all'appuntamento con il secondo tentativo di sfondamento.

Il mercato mostra così chiaramente che cosa sia capace di generare l'euforia di cui parlavamo nei commenti delle scorse settimane.

Quando si crea la convinzione che le borse devono salire non c'è notizia negativa in grado di fermarle e fino a quando la liquidità in circolazione ed in cerca di rendimenti sarà abbondante come quella che c'è in giro oggi ed essa troverà più conveniente investire in azioni piuttosto che in titoli di stato, nessun ostacolo potrà fermare l'avanzata dei listini. E' una conseguenza dell'inondazione di liquidità che la Federal Reserve ha attuato in questi anni e che solo ultimamente ha cercato di frenare rialzando i tassi a più riprese.

Il processo di erosione della liquidità è pertanto iniziato, come pure il recupero di convenienza dell'investimento obbligazionario rispetto a quello azionario. Ma non siamo ancora al punto di inversione della direzione dei flussi di liquidità. Anzi, in questi mesi si è assistito alla migrazione di parte degli investimenti finanziari dai mercati obbligazionari a quelli azionari, ad opera dei risparmiatori più accorti che hanno liquidato un po' di bonds appena hanno intravisto la fine del mercato toro.

Ci vorrà forse ancora un po' prima che i tassi in crescita facciano sentire veramente il loro effetto sui mercati azionari.

D'altra parte l'analisi "intermarket", cioè quella branca dell'analisi tecnica che cerca di cogliere le correlazioni statistiche tra i vari mercati, suppone l'esistenza di uno sfasamento temporale tra mercato obbligazionario ed azionario, al punto che aree di minimo del primo coincidono con le arre dei massimi dell'altro e viceversa. Così è stato, ad esempio, negli USA nel 1998 (massimo obbligazionario e minimo azionario), nel 2000 (massimo azionario e minimo obbligazionario) e nel 2003 (massimo obbligazionario e fine del mercato orso azionario).

C'è quindi forse ancora un certo spazio per la prosecuzione dei rispettivi trend anche oggi. Quando i bonds troveranno un minimo ed invertiranno, allora è verosimile che le azioni giungano al capolinea.

FOCUS MACROECONOMICO

La maggior parte dei dati maceroeconomici divulgati in aprile ci ha mostrato segnali chiari di crescita economica sostenuta a livello mondiale. Anche l'Europa sembra allinearsi alla marcia delle altre economie, sebbene a passo più lento e nonostante sia frenata dalla desolante situazione italiana, che probabilmente il futuro governo non riuscirà a ribaltare.

Il 2006 sembra essere caratterizzato pertanto da una notevole sincronizzazione dei cicli economici, tutti impostati alla crescita nelle principali aree. Tuttavia la forza della domanda mondiale sta premendo sulle capacità di fornire le materie prime necessarie. I prezzi del petrolio proprio prima di Pasqua hanno segnato il nuovo massimo storico oltre 71 $ e secondo gli esperti sembrano in grado di puntare a quota 100. Ma anche le altre materie prime stanno subendo decisi rialzi nei prezzi, al punto che l'indice CRB, che le rappresenta, sta tornando ai massimi di inizio anno. Pertanto si riaffacciano diffusi timori inflazionistici, sebbene dagli indici dei prezzi per ora non siano pervenute indicazioni allarmistiche.

Il mercato obbligazionario fotografa molto bene le previsioni dei mercati per il futuro. Sia il future sul Bund, che esprime il mercato europeo, che quello sul T-Bond, che rappresenta il mercato obbligazionario USA hanno completato modelli ribassisti di lungo periodo e, dopo aver sfondato i minimi dello scorso anno, si dirigono verso i valori più bassi del 2004. Segno evidente che le attese sono per ulteriori prosecuzioni nella politica restrittiva sui tassi, sia in America che in Europa, spinta proprio dalla necessità delle banche centrali di anticipare e strozzare possibili surriscaldamenti nei prezzi.

Questa situazione impedisce anche ai mercati azionari di continuare a salire. Tuttavia per ora da questo fronte non sono a ancora pervenute indicazioni chiaramente ribassiste.

Per la salute delle borse a questo punto sarebbe forse maggiormente auspicabile qualche dato macroeconomico un po' deludente dal lato della crescita, tale da raffreddare un po' il motore delle principali economie (USA e Cina innazitutto) ed evitare che vada fuori giri con impennate incontrollabili dei prezzi.

Le prossime giornate ci forniranno proprio le prime indicazioni sulla sensibilità dei prezzi americani, con le rilevazioni di marzo dell'indice dei prezzi al consumo (mercoledì). Il giorno seguente verrà pubblicato il dato dell'area Euro. Sempre giovedì segnalo il superindice USA e l'indice della Fed di Filadelfia. Giungeranno intanto da alcune importanti soicietà Usa le prime comunicazioni societarie relative al I trimestre 2006.

Pierluigi Gerbino

Successivo: 26/04/2006 In attesa della fine della cura

Sommario: Indice