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Etica e finanza

Ottimisti e pessimisti

La finanza, ed in particolare la borsa, in questi giorni sta dando "scandalo".
Per alcuni "ottimisti" si tratta di uno "scandalo" positivo, poiché il mercato "sta facendo il proprio dovere": premiare "il nuovo" e "punire il vecchio"; per altri, più cauti e memori del passato, il mercato sta "eccitando" in modo patologico la massa dei risparmiatori e contro la massa "gli stessi Dei lottano invano". Per i primi, il facile e repentino guadagno è la giusta ricompensa della capacità di percepire il futuro, di capire i settori innovativi, di separare le imprese che creano valore (un neologismo di moda) da quelle in decadenza.

Per chi guadagna non si tratta di un arricchimento senza sforzo, ma di perspicacia e sapienza finanziaria ben applicate. D'altronde, "l'egoismo" del singolo si traduce nel benessere della collettività perché le risorse fluiscono verso i comparti più promettenti anche per l'occupazione. Il pericolo è l'euforia e la credulità dei "non professionisti", ma il facile ottimismo, a cui spesso segue il panico, può essere evitato se i "professionisti" (banche, società finanziarie e altri intermediari) sono prevalenti; il loro freddo e razionale calcolo economico batte l'improvvisazione e l'ignoranza.

Agli "ottimisti " si contrappongono i "pessimisti", per i quali la storia della finanza è un seguito di "illusioni e follie" con una sola medicina, "la memoria dei passati disastri". Si assiste a incrementi di prezzo in borsa spettacolari non giustificati da nessuno dei modelli di valutazione tradizionali; i rialzi si legano a voci, congetture, ipotesi non verificabili se non in un futuro molto lontano.; voci ,congetture ed ipotesi amplificate da media poco scrupolosi. Come fermare l'irrazionale? Si tratta di conseguenze difficilmente evitabili. Keynes suggerisce di rendere la borsa inaccessibile e costosa come i casinò. Ma anche questa soluzione è difficile nell'era di Internet e nel regno dell'on line. Galbraith afferma che la storia è più utile di leggi e regolamenti nella "difesa della gente dalla propria e altrui cupidigia".

E' noto che Keynes dubitava della capacità dei "professionisti" di valutare l'investimento in base alle aspettative di profitto a lungo termine; egli aggiungeva che chi lo fa, quando gli altri sono impegnati " a prevedere meglio della folla come la folla si comporterà", corre rischi elevati. Il suo pessimismo lo indusse a pensare di rendere il possesso dei titoli "permanente ed indissolubile, salvo che per morte o altra grave causa, come il matrimonio". Ma il timore che le conseguenze dell'illiquidità fossero peggiori del male, lo convinsero poi ad abbandonare la proposta e a formularne un'altra: "una tassa sostanziale sul trasferimento dei titoli con lo scopo di diminuire il predominio della speculazione rispetto all'imprenditorialità".

Tobin, per ragioni simili, condivise il suggerimento e sostenne l'introduzione di una tassa internazionale sui profitti della negoziazione in cambi. E' interessante osservare che in Italia il regime impositivo dei guadagni in conto capitale (al netto delle perdite subite) sembra, invece, essere ispirato ad una logica opposta: a parità di guadagno chi ha mantenuto in portafoglio il titolo per più tempo subisce una ritenuta maggiore.

Prof. F.Caparrelli

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