Home > Appunti & Disappunti > Intelligenza Emotiva

Rubrica "Appunti & Disappunti"

Intelligenza Emotiva

Intelligenza emotiva. Che cos'è e perché può renderci felici
Autore David Goleman

Gli ultimi 10 anni sono stati testimoni di una esplosione senza precedenti di studi scientifici sull’ emozione. Resi possibili dagli innovativi metodi di mappatura del cervello. Goleman con rigore scientifico e semplicità raccoglie in questo libro i risultati di ricerche che stanno rivoluzionando la conoscenza del nostro cervello e di come questo influisce sui nostri comportamenti. Un libro illuminante per molti aspetti e che non mancherà di entusiasmare.

"reazioni istintive”

Una delle scoperte rivoluzionarie è stata fatta dal professor LeDoux (http://www.cns.nyu.edu/home/ledoux ), il quale ha scoperto che oltre alla via che dal talamo va alla corteccia, esiste un fascio più sottile di fibre nervose che vanno direttamente all’amigdala. Questa via più breve permette di ricevere input direttamente dagli organi di senso. Questa scoperta capovolge l’idea secondo la quale per formulare le sue reazioni emozionali , l’amigdala dipenderebbe totalmente dai segnali provenienti dalla neocorteccia. L’amigdala può spingerci all’’azione mentre la neocorteccia, leggermente più lenta, ma in possesso di informazioni più complete, prepara il suo piano di azione più raffinato. Uno svantaggio di questi allarmi naturali è costituito dal fatto che il messaggio urgente inviato dall’amigdala è spesso obsoleto.

L’amigdala analizza l’esperienza corrente confrontando ciò che sta accadendo nel presente con quanto già accaduto in passato. Ci comanda frettolosamente di agire prima di avere una piena conferma, secondo modalità prefissate molto tempo fa in risposta ad eventi forse solo lontanamente analoghi. Questo è vero soprattutto nel caso di eventi traumatici che possono sfociare in crisi di panico successive. Queste confusioni emozionali sono basate sul sentimento prima che sul pensiero.

L'intelligenza emotiva.

Con il termine Intelligenza emotiva si include l’autocontrollo, l’entusiasmo e la perseveranza nonchè la capacità di automotivarsi. Queste capacità possono essere insegnate ai bambini, mettendoli cosi’ nelle migliori condizioni per sfruttare qualunque talento intellettuale la genetica abbia dato loro.

Un fatto noto a tutti è la relativa incapacità di strumenti quali i voti scolastici o i test del QI a prevedere quali individui avranno successo nella vita. Il QI contribuisce solo in ragione del 20% a questi fattori. Il restante 80 % è determinato da altre variabili tra cui la fortuna. Nassim Taleb nel libro "giocati dal caso" ha ampiamente sviluppato questo argomento. Un altro fattore è la “dipendenza del percorso” per chi volesse approfondire consiglio la lettura del testo sull' "Effetto San Matteo".

Come tutti sappiamo per esperienza personale, quando è il momento che decisioni e azioni prendano forma, i sentimenti contano almeno quanto il pensiero razionale, e spesso anche di più. Finora si è data troppa importanza al valore, nella vita umana, della sfera puramente razionale, in altre parole quella misurata dal QI. Nel bene o nel male quando le emozioni prendono il sopravvento, l’intelligenza può non essere di alcun aiuto.

Tra importanti qualità troviamo però anche l’intelligenza emotiva: si tratta ad esempio, della capacità di motivare se stessi e di persistere nel perseguire un obbiettivo nonostante le frustrazioni; di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione; di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, e ancora la capacità di essere empatici e di sperare. Nessuno può ancora dire quanta percentuale del successo è dovuta a questa qualità, ma i dati disponibili indicano che può essere un fattore potente, a volte più potente del QI. E a differenza di altri fattori, l’intelligenza emotiva può essere appresa e potenziata nei bambini. In uno studio effettuato su 450 figli di immigrati si misero in relazioni i fattori del successo che alcuni ottennero nella vita, certo il legame tra Qi e successo sicuramente c’era, ma a fare la grande differenza erano le abilità maturate durante l’infanzia, ad esempio la capacità di superare la frustrazione, controllare le emozioni ed andare d’accordo con gli altri.
Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività; coloro che non riescono a esercitare un certo controllo sulla propria vita emotiva combattono battaglie interiori che finiscono per sabotare la loro capacità di concentrarsi sul lavoro e di pensare lucidamente.

L’intelligenza interpersonale è una capacità emozionale, cioè l’ abilità di comprendere gli altri, le loro motivazioni e il loro modo di lavorare, scoprendo nel contempo in che modo sia possibile interagire con essi in maniera cooperativa, in pratica di agire saggiamente nelle relazioni umane. I venditori di successo, i politici, gli insegnanti e i religiosi sono individui con un elevato grado di intelligenza interpersonale.

Nella sua fondamentale definizione dell’ intelligenza emotiva lo psicologo Gardner estende queste abilità a cinque ambiti principali :

1) Conoscenza delle proprie emozioni. L’autoconsapevolezza, in altre parole la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui esso si presenta. Monitorare istante per istante i sentimenti è fondamentale per la comprensione psicologica di se stessi.

2) Controllo delle emozioni. La capacità di controllare i sentimenti in modo che essi siano appropriati, questo si fonda sull’autoconsapevolezza. Coloro che ne sono privi o scarsamente dotati si trovano a dover perennemente combattere contro i sentimenti, tormentandosi, mentre gli individui capaci di autocontrollo emotivo riescono a riprendersi molto più velocemente dalle sconfitte e dai rovesci della vita.

3) Motivazione di se stessi, è la capacità di dominare le emozioni per raggiungere un obbiettivo è una dote essenziale per concentrare l’attenzione, per trovare motivazione e il controllo di sé. La capacità di entrare nello stato di “Flusso” ci consente di ottenere prestazioni eccezionali di qualsiasi tipo. Chi ha queste capacità tende ad essere più produttivo ed efficiente in qualsiasi ambito si applichi.

4) Riconoscimento delle emozioni altrui. L’empatia, un’altra capacità basata sulla consapevolezza delle proprie emozioni, è fondamentale nelle relazioni con gli altri.

5) Gestione delle relazioni. L’arte delle relazioni consiste in larga misura nella capacità di dominare le emozioni altrui. Si tratta di abilità che aumentano la popolarità, la leadership e l’efficacia nelle relazioni interpersonali.

Naturalmente le persone hanno capacità diverse in ciascuno di questi ambìti; può darsi ad esempio, che alcuni di noi riescano a controllare benissimo la propria ansia ma siano relativamente incapaci di controllare i turbamenti altrui. Le eventuali carenze nelle capacità emozionali possono essere corrette, purchè ci si impegni. Una buona padronanza di sé, ossia la capacità di resistere alle tempeste emotive senza essere “schiavi delle passioni” è una virtù elogiata fin dai tempi di Platone. I romani e i primi cristiani la chiamarono temperantia, temperanza. Tuttavia come ha osservato Aristotele, è importante che le emozioni siano appropriate, in altre parole che il sentimento sia proporzionato alla circostanza. Quando le emozioni sono troppo tenui, compaiono l’indifferenza e il distacco; ma quando sfuggono il controllo, diventano troppo estreme e persistenti, allora sono patologiche, come accade, ad esempio, quando siamo paralizzati dalla depressione, travolti dall’angoscia. Ci sarebbe molto da dire sul contributo costruttivo della sofferenza alla vita creativa e spirituale; il dolore può davvero temperare l’anima. I momenti difficili, come del resto anche quelli positivi, danno il sapore della vita, ,ma per farlo devono essere in equilibrio. Infatti è il rapporto tra emozioni positive e negative che determina il senso di benessere psicologico.

Strategie per tirarsi su il morale.

Diane Tice, ricercatrice presso l’università di psicologia in Florida constatò che molte persone riferivano di liberarsi da una leggera tristezza ricorrendo distrazioni quali la lettura la televisione e il cinema o i videogiochi. Altri ancora dormivano o sognavano a occhi aperti ad esempio programmando una vacanza immaginaria. Le distrazioni più efficaci sono quelli che modificano l'umore, un evento sportivo entusiasmante un film divertente o un libro che tira su il morale. A questo punto si impone un ammonimento: alcune attività distraenti, possono di per se stesse perpetuare la depressione. Studi compiuti su soggetti che passavano moltissimo tempo guardando la televisione hanno messo in evidenza che, una volta spento l'apparecchio, e essi erano generalmente più depressi di quando lo avevano acceso!

La ginnastica aerobica, osserva Tice, è una delle pratiche più efficaci per dissipare una leggera depressione, come pure altri stati d'animo negativi. La riserva, in questo caso, è che i benefici della ginnastica sull'umore sono massimi per gli individui pigri che di solito non fanno molta attività fisica. Nel caso di coloro che fanno tutti i giorni un po' di movimento, i possibili benefici di questa attività sono probabilmente massimi nel momento in cui viene instaurata l'abitudine. In verità, coloro che fanno abitualmente attività fisica possono sperimentare anche un effetto contrario al loro stato d'animo, cominciando a sentirsi male quando saltano il programma di allenamento.

L'attività fisica sembra efficace perché modifica lo stato fisiologico causato dallo stato d'animo negativo: la depressione è caratterizzata da un basso grado di attivazione fisiologica. Per lo stesso motivo le tecniche di rilassamento, che riducono lo stato di attivazione fisiologica, vanno molto bene per allentare l'ansia ( caratterizzata da un elevato stato di attivazione ) ma non sono altrettanto efficaci per la depressione. Ciascuno di questi approcci sembra funzionare in quanto spezza il ciclo della depressione o dell'ansia portando il cervello a un livello di attivazione incompatibile con lo stato emozionale che lo tiene in scacco.

Un'altra tecnica costruttiva per sollevarsi il morale, secondo Diane Tice, è quella di prepararsi un piccolo trionfo o un facile successo: affrontare un lavoro di casa a lungo rimandato o sbrigare qualche altra incombenza della quale si desidera liberarsi. Per lo stesso motivo, tutto quanto contribuisce a migliorare l'immagine di sè, ha un effetto rasserenante, anche se si tratta solo di vestirsi bene in pubblico.

Intelligenza emotiva una capacità fondamentale.

Se non contiamo le capacità innate, le gratificazioni in termini di “successo nella vita”, sono ottenute grazie alla motivazione. Questo appare evidente se si considerano le eccezionali prestazioni scolastiche e professionali degli studenti di origine asiatica che vivono in America. Stando alle professioni come avvocato o medico, che molti asiatici americani intraprendono, una volta diventati adulti si comportano come se avessero un QI molto più alto. A quanto pare, ciò è dovuto al fatto, che fin dei primi anni di scuola, i bambini asiatici si impegnano nello studio molto più di altri. Sanford Dorenbush, un sociologo di Stanford che ha esaminato più di 10.000 studenti della scuola superiore, scoprì che quelli di origine asiatica dedicavano ai loro compiti un numero di ore superiore del 40% rispetto agli altri. Mentre la maggior parte dei genitori americani è disposta ad accettare i punti deboli del proprio figlio, sottolineando le sue particolari abilità, nel caso dei genitori asiatici, l'atteggiamento mentale è questo: “se non vai bene, dovrai studiare qualche ora in più la sera, e se ancora questo non basta, vorrà dire che ti alzerai prima anche la mattina!".

Essi sono convinti che chiunque possa ottenere buoni risultati scolastici, purché si impegni a dovere. In breve, una forte etica culturale del lavoro si traduce in motivazione e perseveranza maggiori, In altre parole un vantaggio sul piano emotivo.

Controllo degli impulsi: il test delle caramelle

Immaginate di avere quattro anni e che qualcuno vi faccia la seguente proposta: se aspetti che io torni da una commissione avrai un premio di due caramelle. Se non puoi aspettare, ne avrai solo una, ma subito. Si tratta di una sfida che mette alla prova qualunque bambino di quell'età e che riproduce su scala ridotta la battaglia fra impulso e desiderio di autocontrollo, gratificazione e rinvio. In queste condizioni, La scelta operata dal bambino è un valido test che offre una rapida interpretazione, non solo del suo carattere, ma anche della traiettoria che egli probabilmente percorrerà nella sua vita. Forse non esiste capacità psicologica più importante del sapere resistere agli impulsi. Essa è alla base di ogni tipo di autocontrollo emotivo, poiché tutte le emozioni per la loro stessa natura, si traducono in un impulso ad agire.

Il vaso di Pandora

Secondo una ricerca di Snyder della Kansas university gli studenti inclini alla speranza si prefiggono obiettivi più ambiziosi e sanno sia quando sia quanto devono impegnarsi per raggiungerli. Quando si confrontano i risultati accademici di studenti con capacità equivalenti, ciò che li distingue è proprio la speranza.
Come narra la ben nota leggenda, Pandora, una principessa dell'antica Grecia, ricevette in dono dagli dei invidiosi della sua bellezza un vaso misterioso. Sebbene fosse stata avvertita di non aprirlo mai, un giorno, sopraffatta dalla curiosità e dalla tentazione, Pandora sollevò il coperchio per sbirciarvi dentro. Ma così facendo liberò all'esterno le grandi piaghe che affliggono il mondo: malattie, turbamenti, follia. Nel fondo del vaso rimase l'unico antidoto che può rendere sopportabili le miserie della vita al genere umano: la speranza.

Dal punto di vista dell'intelligenza emotiva, sperare significa non cedere a un ansia tale da sopraffarci, non assumere atteggiamenti disfattisti o non arrendersi alla depressione di fronte ad imprese difficili o all'insuccesso. In effetti, nel perseguire i propri obiettivi, le persone capaci di sperare sono meno soggette alla depressione, meno ansiose e soffrono meno sul piano emotivo.

Come la speranza, anche l'ottimismo è un fattore predittivo del successo scolastico. In uno studio condotto su 500 studenti appena immatricolati nel 1984 i punteggi ottenuti in un test sull'ottimismo si rivelarono miglior fattore predittivo delle votazioni che si ottennero nel primo anno di quanto non fossero i punteggi conseguiti nei test del QI ho le stesse votazioni di diploma. Seligman studiò questi soggetti, e afferma: "gli esami di ammissione all'università misurano il talento, mentre il modo in cui un individuo crea i propri successi sia un atteggiamento non rinunciatario. E la combinazione di un ragionevole talento con la capacità di resistere alla sconfitta che porta al successo. Quello che manca nel test di abilità di una misura della motivazione. È necessario sapere se un individuo continuerà ad andare avanti anche quando la situazione diventerà frustrante la mia impressione e che, dato un determinato livello di intelligenza, il reale successo di un individuo sia funzione non solo del talento, ma anche della capacità di sopportare la sconfitta.

Il flusso, ossia la neurobiologia dell'eccellenza.

Ecco come un compositore descrive i momenti in cui dà il meglio di sé nel proprio lavoro: "ti trovi In un tale stato di estasi che ti senti quasi come se non esistessi. Ho sperimentato diverse volte di persona. La mia mano sembra non avere legami con me, e io non ho nulla a che fare con ciò che sta accadendo. sto semplicemente seduto lì a guardare, in uno stato di timore reverenziale e meraviglia. E tutto questo poi scorre via dileguandosi."

Questa descrizione è eccezionalmente simile a quelle di centinaia di altri uomini e donne come ad esempio: scalatori, campioni di scacchi, chirurghi, giocatore di pallacanestro, ingegneri, dirigenti, e perfino archivisti. Quando parlano di un momento nel quale hanno superato se stessi in una attività che amano. Lo stato che descrivono è stato definito flusso da Mihaly Csikszentmihaly lo psicologo ungherese insegnante alla Chicago University che nel corso di vent'anni di ricerca ha raccolto molte di queste descrizioni di prestazioni ad alto livello.

Gli atleti conoscono questo stato di grazia come "la zona", là dove l' eccellenza non richiede sforzo. Riuscire a entrare nel flusso è la massima esperienza dell'intelligenza emotiva; il flusso rappresenta forse il massimo livello di imbrigliamento e sfruttamento delle mozioni al servizio della prestazione e dell'apprendimento. Nel flusso le emozioni non sono solamente contenute e incanalate, ma sono positive, energizzate e in armonia con il compito a cui ci si sta dedicando. L'essere intrappolati nella noia dalla depressione porta all'agitazione dell'ansia e significa essere fuori dal flusso.

La caratteristica del flusso è una sensazione di gioia spontanea, di rapimento unico ed è qui che il flusso ci fa sentire così bene, è per se stesso gratificante. Si tratta di uno stato in cui la consapevolezza si fonde con le azioni e nel quale gli individui sono assorbiti, e stanno facendo attenzione esclusivamente al loro compito.

Il cervello in stato di flusso “è freddo"; lo stato di attivazione e di inibizione dei circuiti neurali è in perfetta armonia con quanto richiesto dalle circostanze. Quando l'individuo si impegna in attività che attirano senza sforzo la sua attenzione mantenendola poi concentrata, il suo cervello si “calma”, nel senso che sia ha una riduzione della attività cerebrale. Questa scoperta è notevole, dal momento che lo stato di flusso consente agli individui di affrontare le imprese più difficili, sia che si tratti di giocare contro un maestro di scacchi sia che si debba risolvere un complesso problema matematico. Ci si aspetterebbe che queste imprese così impegnative richiedanno una maggiore attività corticale, al contrario è invece una concentrazione forzata, alimentata dalla preoccupazione, che crea un aumento dell'attività.

Howard Gardner, lo psicologo di Harvard che ha sviluppato la teoria delle intelligenze multiple, ritiene che il flusso, e gli stati positivi che lo caratterizzano, facciano parte del modo più salutare di insegnare ai bambini, quello cioè di dar loro una motivazione interiore, invece di spronare con le minacce o con promesse. Essi devono trovare qualcosa che gli piaccia, e farla. Quando si annoiano, i bambini diventano aggressivi e fanno i capricci, mentre quando c'è qualcosa che ci interessa veramente riusciamo a trarre piacere dell'impegno che esserci richiede, allora impariamo al meglio.

In generale, tutto questo conferma quanto sia fondamentale la capacità di incanalare le emozioni verso il raggiungimento di un fine produttivo; essa può manifestarsi con il controllo degli impulsi e nel rinvio delle gratificazioni, regolare i nostri stati d'animo in modo che essi facilitano invece che ostacolare il pensiero razionale, trovare la motivazione per insistere, provare e provare ancora nonostante gli insuccessi, oppure per trovare i modi per entrare nello stato di flusso e dare quindi prestazioni ottimali: In ogni caso, tutti questi comportamenti indicano che, applicata ai nostri sforzi, l'emozione può rivelarsi un motore potente ed efficace.
Le radici dell'empatia

Una serie di studi condotti da Marian Radke Yarrow e Carolyn Zahn Waxler al National Institute Of Mental Health ha dimostrato che gran parte della differenza di empatia tra i bambini è legata al modo in cui i genitori riprendevano i propri figli. I bambini erano più empatici quando il rimprovero comprendeva un forte richiamo sulla sofferenza per il disagio che il nuovo comportamento sbagliato aveva causato a qualcun altro.

Un rapporto del National Center afferma che spie efficaci del successo scolastico non sono il patrimonio nozionistico o l'abilità precoce nella lettura, Quanto piuttosto la misura di capacità emotive sociali, essere sicuri di sé e interessati; sapere quale tipo di comportamento ci si aspetta da noi e come trattenersi dall'impulso di comportarsi male; essere capaci di aspettare, di seguire le istruzioni e di rivolgersi gli insegnanti per chiedere aiuto; ed esprimere le proprie esigenze pur andando d'accordo con gli altri bambini. Quasi tutti gli studenti che vanno male a scuola, afferma il rapporto, mancano in uno o più di questi elementi dell'intelligenza emotiva ( indipendentemente dal fatto che abbiano anche difficoltà cognitive quali, ad esempio, in capacità di apprendimento)

Il fatto che un bambino sia più o meno pronto per la scuola dipende dalla più fondamentale di tutte le conoscenze, ossia quella di come imparare. Il rapporto elenca sette ingredienti fondamentali di questa capacità importantissima, tutti collegati all'intelligenza emotiva:

1) Fiducia. Un senso di controllo e padronanza sul proprio corpo, sul proprio comportamento e sul proprio mondo;

2) Curiosità. La sensazione della scoperta che un'attività positiva è fonte di piacere.

3) Intenzionalità. I desideri della capacità di essere influenti e perseveranti. Questa capacità è legata al senso di competenza e la sensazione di essere efficaci.

4) Autocontrollo. La capacità di modulare e controllare le proprie azioni in modo appropriato all'età

5) Connessione. La capacità di impegnarsi con gli altri, basata sulla sensazione di essere compresi e di comprendere gli altri.

6) Capacità di comunicare. Il desiderio e la capacità di scambiare verbalmente idee, sentimenti e concetti con gli altri. Quest'abilità è legata una sensazione di fiducia negli altri e di piacere nell’ impegnarsi con loro, adulti compresi.

7) Capacità di cooperare. L'abilità di equilibrare le proprie esigenze con quelli degli altri in una attività di gruppo.

Il temperamento non è destino.

Ma allora, per quanto riguarda la vita emotiva, la nostra biologia ci impone un destino, oppure anche un bambino per natura timido crescendo può diventare più sicuro di sé?
Risposta più chiara questo domanda proviene dal lavoro di Jerome Kagan, l'insigne studioso di psicologia infantile della Harvard University. Kagan postula che esistano almeno quattro tipi fondamentali di temperamento: quello timido, quello spavaldo, quello allegro e quello malinconico e che ciascuno di essi sia riconducibile un diverso tipo di attività cerebrale.

Il gruppo di ricerca di Kagan ha scoperto che alcune madri credevano di dover proteggere i propri bambini timidi da qualunque cosa potesse turbarli; altre invece, pensavano che fosse più importante aiutare il figlio, a far fronte a questi momenti difficili, e quindi ad adattarsi alle piccole lotte della vita. L'atteggiamento protettivo sembrava favorire le paure di bambini probabilmente perchè li privava dell'opportunità di imparare a superare i propri timori. Al contrario un atteggiamento non protettivo della madre sembrava aiutare i bambini paurosi a farsi coraggio da soli.

L'inclinazione alla paura, o qualunque altro tipo di temperamento, può essere una delle basi innate della nostra vita emotiva; ciononostante, non siamo necessariamente costretti ad attenerci a un repertorio emozionale specifico impostoci dei nostri tratti ereditari. Anche all'interno dei vincoli genetici esiste tutta una gamma di possibilità. Come spiegano i genetisti, i geni da soli non bastano a codificare il comportamento; il modo in cui una predisposizione del temperamento si esprime nella vita e determinato dal nostro ambiente, soprattutto da ciò che sperimentiamo e apprendiamo mentre cresciamo. Le nostre capacità emotive innate non sono definitive, ma possono essere migliorate con l'apprendimento purché ci vengano impartite le lezioni giuste.

Il cervello, resta plastico per tutta la vita sebbene non nella misura spettacolare tipica dell'infanzia. Ogni tipo di apprendimento implica una modificazione a livello cerebrale, un rafforzamento di connessioni sinaptiche.

La frenesia e l' instabilità della vita familiare quotidiana aumentano in ogni segmento sociale, compresa la fascia delle persone colte benestanti. E a rischio la prossima generazione, in particolare i maschi, i quali nella crescita sono particolarmente vulnerabili a forze negative come quelle provocate dagli effetti devastanti del divorzio, della povertà e della disoccupazione. È un fenomeno globale che a livello mondiale la concorrenza economica tende a ridurre il costo del lavoro e ciò produce contraccolpi negativi sulle famiglie. Viviamo in tempi di famiglie finanziariamente in difficoltà, nella quale entrambi genitori lavorano per molte ore al giorno, cosicché i figli sono abbandonati a se stessi o sotto il flusso costante della televisione; è un'epoca nella quale un numero maggiore di ragazzi cresce nella povertà, in cui la famiglia con un solo genitore sta diventando sempre più comune, in cui un numero sempre più alto di bambini viene lasciata in asili così malgestiti che i bimbi si trovano ad essere quasi completamente trascurati.

Per concludere, sia la presa di coscienza sullo stato delle cose sia gli sviluppi della ricerca psico-neuronale può migliorare non solo il benessere personale nel raggiungimento degli obbiettivi ma il miglioramento della società nel suo insieme in un momento in cui l’individualismo e la mancanza di valori dilagano.

Maurizio Michele Zuzzaro

indice: Rubrica "Appunti & Disappunti"