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Rubrica "Appunti & Disappunti" di Maurizio Michele Zuzzaro

 

Neuromarketing

Attività cerebrale e comportamenti d'acquisto
Autore Lindstrom Martin

Martin è un autore apprezzato e competente. Attraverso quest'ultima opera ci permette di capire non solo le nuove tecniche di vendita ma anche di conoscere meglio noi stessi.

Fino a oggi, l’unico modo che le aziende avevano a disposizione per capire che cosa vogliono i consumatori era di osservarli o chiedere direttamente a loro. Se pensate due cerchi di un diagramma di Venn come i due rami delle tradizionali ricerche di marketing quantitative e qualitative è venuto il momento di far posto al nuovo venuto, il neuromarketing. E nella regione comune ai tre cerchi sta il futuro del marketing: la chiave per capire veramente e completamente i pensieri, le emozioni, le motivazioni, i bisogni e i desideri di tutti noi.

La scienza del neuromarketing è basata sulla scansione cerebrale attraverso degli apparecchi che permettono di identificare quali aree del cervello vengono coinvolte quando stimolati da immagini, suoni, odori, filmati. Porta il nome di fMRI.

Un flusso di sangue alla testa

Gli psicologi chiesero ad un gruppo casuale di studenti di scegliere tra un paio di coupon: se sceglievano il primo di un valore di 15 dollari, l’avrebbero avuto subito; se invece erano disposti ad aspettare due settimane avrebbero avuto una ricompensa di 20 dollari.
Le scansioni celebrali rivelarono che ambedue i buoni innescavano dell’attività nella corteccia prefrontale laterale, l’area del cervello che genera emozioni. Ma la possibilità di avere quel buono da 15$ subito provocava una intensa e inusuale attività nelle aree limbiche del cervello nella maggior parte degli studenti. Un raggruppamento di strutture celebrali che determina principalmente la nostra vita emotiva, oltre che alla formazione della memoria. Quanto più gli studenti erano eccitati emotivamente da qualcosa, tanto maggiore era la probabilità che optassero per l’alternativa immediata.
Come ha confermato Gorge Loewenstein, economista comportamentale della Carnagie Mellon University, “ la maggior parte del cervello è dominata da processi automatici, e non dal pensiero deliberato. Molto di quello che succede nel cervello è emozionale non cognitivo.

Deve essere proprio qui

Arrivati a 66 anni, la maggior parte di noi avrà visto all’incirca 2 milioni di pubblicità televisive. In termini di tempo, è come aver guardato otto ore di pubblicità per sette giorni la settimana per otto anni filati. Nel 1965 un consumatore medio ricordava un 34 per cento di quelle pubblicità; nel 1990, la percentuale era scesa all’ 8%. Un sondaggio telefonico condotto nel 2007 dalla ACNielsen su 1000 consumatori ha trovato che una persona media riusciva a citare solamente 2,2 pubblicità su tutte quelle che aveva visto in tutta la vita.

Il product placament (o pubblicità occulta) nei film è vecchio quanto il mezzo stesso. Anche i fratelli Lumiere pionieri nell’arte cinematografica, nelle prime brevi pellicole fecero comparire varie volte il sapone lever Brothers (oggi Unilever)

A quanto pare, avevano nel loro staff un collaboratore che arrotondava le proprie entrate come pubblicitario della Lever. Ma il momento della grande fioritura del product placament inizia negli anni trenta (…)

Vi siete mai chiesti perché, quando la squadra del vostro cuore segna una rete agitate il braccio in aria? O perchè se siete al cinema e l’eroina comincia a piangere anche a voi vengono le lacrime agli occhi? O che dire quando Clint Eastwood sistema il cattivo di quell’ atteggiamento da maschio alfa che sentite ancora un’ora dopo che il film è finito? Sono i neuroni specchio. Come le scimmie di Rizzolati, quando vediamo qualcuno fare qualcosa, che sia calciare un rigore o un arpeggio perfetto , il nostro cervello reagisce come se stessimo compiendo noi stessi quell’attività. In breve e come se vedere e fare fossero una cosa sola.

Dai neuroni specchio dipende anche il perché spesso, senza volerlo imitiamo il comportamento degli altri. Questa tendenza è così innata che si può osservare anche nei bambini piccoli: fate una linguaccia ad un bambino e con tutta probabilità ripeterà la stessa azione.

Ma i neuroni specchio non lavorano da soli. Spesso agiscono in coppia con la dopamina, una delle sostanze chimiche del piacere nel cervello. La dopamina è, fra quelle che conosciamo, una delle sostanze che danno maggiormente dipendenza. E le decisioni di acquisto sono guidate in qualche misura dai suoi effetti deduttivi. Quando vedete quella bella fotocamera digitale per esempio la dopamina inonda sottilmente il vostro cervello di piacere e poi bum, prima ancora che ve ne rendiate conto avete firmato la ricevuta della carta di credito. I ricercatori sono quasi tutti d’accordo che ci vogliono solo 2,5 secondi per compiere la decisione d’acquisto.

Credete alla magia ?

I rituali ci aiutano a stabilire dei collegamenti emotivi con le marche e i prodotti. Rendono memorabili le cose che compriamo. Ci furono spot che mostravano il modo perfetto di versare una Guinness e ci vogliono 119,53 secondi per versare una pinta perfetta. Il rituale del lime nella corona risale al 1981 quando per una scommessa casuale con il collega un barista infilò uno spicchio di lime nel collo,e perciò gli si attribuisce il merito di aver aiutato la Corona a superare la Heineken nel mercato statunitense. La corona non è neanche messicana ma arriva dalla California meridionale. Quanto più imprevedibile diventa il mondo, tanto più annaspiamo alla ricerca di un senso di controllo sulla nostra vita. Quanto più crescono l’ansia e l’incertezza che proviamo, tanto più numerosi sono i comportamenti superstiziosi e i rituali che adottiamo per riuscire in qualche modo a dominarle. Superstizioni e rituali sono stati collegati scientificamente al bisogno umano di controllo in un mondo turbolento.

Come scrive Bruce Hood professore di psicologia sperimentale in Inghilterra, “Se si annulla l’impressione di possedere il controllo, sia gli esseri umani che gli animali subiscono stress. Durante la guerra del Golfo nel 1991, nelle aree attaccate dai missili Scud si è verificato un aumento delle credenze superstiziose”. Anche le persone più razionali e più analitiche possono cadere vittime di questo genere di idee. Hood ha offerto una dimostrazione durante una conferenza al festival della scienza organizzato dalla British Association Norvich.

Davanti a una stanza piena di scienziati Hood ha mostrato un golf blu e ha offerto 10 sterline a chiunque fosse stato disposto a metterselo. Si sono alzate un sacco di mani in tutta la stanza. Hood ha poi detto al pubblico che il maglione era appartenuto a Fred West un serial killer che si pensava avesse ucciso brutalmente 12 giovani donne oltre alla moglie. Solo poche mani sono rimaste alzate. E quando i pochi volontari rimasti hanno effettivamente indossato il maglione Hood ha osservato che gli altri partecipanti si allontanavano da loro. Hood ha poi confessato che quel capo di vestiario non era appartenuto realmente a Fred West, ma la cosa era irrilevante. La semplice idea che il maglione fosse stato indossato dall’assissino era stata sufficiente ad allontanare quegli scienziati. Era come se il male, una posizione morale definita dalla cultura, si fosse resa fisicamente presente dentro quel vestito.

Un’altra storia riguarda la Unilever che si preparava a lanciare in India un suo shampoo: un impiegato buontempone che non aveva nulla da fare scrisse sull’ etichetta per il puro gusto di farlo “contains the X) Factor” . Questa aggiunta dell’ultimo minuto non fu notata da nessun altro e in poco tempo nei negozi arrivarono milioni e milioni di bottiglie di shampoo. Percio’ l’Unilever lasciò le cose come stavano. Sei mesi dopo quando le scorte erano esaurite, l’azienda fece ristampare l’ etichetta, questa volta eliminando il riferimento all’inesistente X9 Factor. Furono sorpresi di ricevere nel giro di poco tempo una valanga di lettere imbestialite dei clienti. Nessuno di loro aveva la più pallida idea di cosa fosse quell’ X9 Factor ma erano tutti indignati che avessero osato eliminarlo. In effetti molti sostenevano che lo shampoo non funzionava più e che i loro capelli avevano perso la lucentezza.

Pregherò

Quando la dottoressa Calvert ha analizzato i dati della fMRI ha scoperto che i brand forti provocavano in molte aree del cervello, deputate alla memoria, alle emozioni, ai processi decisionali e al significato, un’attività più intensa di quella provocato dai brand deboli. Quella davvero affascinante è stata la successiva scoperta. Quando i soggetti vedevano immagini associate ai brand forti ( Ipod, Ferrari, Harley Davidson) il loro cervello registrava esattamente gli stessi schemi di attività di quando venivano presentate loro le immagini religiose.

Perché ho scelto te

Quando prendiamo decisioni in merito a cosa acquistare, il nostro cervello recupera e passa in rassegna quantità incredibili di ricordi, fatti ed emozioni e le “spreme” in una risposta rapidissima, una sorta di scorciatoia che vi permette di andare da A a Z in un paio di secondi e che determina quello che avete appena messo nel carrello. Quella scorciatoia possiede un altro nome: marcatore somatico. Antonio Damasio chiama un marcatore somatico una sorta di segnalibro o di scorciatoia nel cervello. Seminati da esperienze passate di ricompense e punizioni, questi marcatori servono a collegare un’ esperienza o un’emozione ad una reazione specifica necessaria. Aiutandoci istantaneamente a restringere il campo delle possibilità disponibili in una data situazione, ci pilotano verso una decisione che sappiamo ci darà l’esito migliore, meno doloroso.

Conclusioni

L’80% dei prodotti fallisce nell’arco dei primi 3 mesi, dalle bibite analcoliche ai tovagliolini di carta, dalle barrette al cioccolato agli asciugacapelli. Forse se le scansioni neuronali fossero esistite 20 anni fa questi prodotti non sarebbero mai stati messi in commercio. Questo libro permette di prendere coscienza attraverso innumerevoli esempi di come e dove si sta spostando la ricerca. Cosa ci aspetta il futuro come consumatori?

Maurizio Michele Zuzzaro

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