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Tendenze evolutive e problemi nel campo del risparmio gestito indotti dall' utilizzo di internet

3.2. Quadro normativo italiano

Nell’ordinamento italiano non c’è un’espressa definizione della nozione generale di documento. La dottrina ha elaborato tale concetto considerandola una res signata, cioè  un oggetto corporale che reca una serie di segni tracciati direttamente dall’uomo o da apparati predisposti dall’uomo, volti a conferirgli portata rappresentativa.
Pertanto si può dire che c’è una distinzione tra materia e mezzo: la prima solitamente è la carta che rappresenta il documento dunque la prova, il secondo la scrittura rappresenta la documentazione e dunque coincide con la forma del contratto.

Il documento cartaceo è ampiamente utilizzato in quanto esso consente di indicare l’imputabilità dello stesso in capo ad un soggetto nonché di garantire l’integrità dello stesso, e cioè che non abbia subito manomissioni dal momento della sua creazione, il tutto generalmente mediante l’utilizzo della sottoscrizione.
Secondo la dottrina, la sottoscrizione assolve tre funzioni:

  1. indicativa, perché permette l’identificazione dell’autore del documento;
  2. dichiarativa, in quanto consente l’assunzione della paternità del contenuto del documento;
  3. probatoria, perché fornisce il mezzo per costituire la prova del contenuto del documento.

Ai fini del nostro studio, sarà necessario verificare quindi se il documento elettronico e la firma digitale assolvono i requisiti di validità ed efficacia previsti dal nostro ordinamento.
Una prima definizione di “documento informatico” viene introdotta nel nostro ordinamento dall’art.3 della Legge 23 dicembre 1993, n.547, avente ad oggetto la disciplina dei computer crimes, che la dottrina ha ritenuto una norma penale in bianco, in quanto il legislatore, dopo avere riconosciuto l’esistenza del documento informatico, ma senza avere indicato i requisiti, nemmeno per riferimento, ha voluto tutelare, sotto il profilo penalistico, quelli che tra essi, in base ad altre norme, erano da ritenersi aventi efficacia probatoria.

Il quadro normativo e giurisprudenziale al riguardo è stato frammentario e disorganico, sino a quando non è intervenuto il D.P.R. 513/97 che ha riconosciuto validità agli atti e alla firma digitale.  
Sino ad allora il documento elettronico non poteva avere la validità di scrittura privata, in quanto il requisito essenziale della stessa, è la sottoscrizione.

Altrettanto avrebbe potuto dirsi per l’atto pubblico, per l’impossibilità di rendere in formato elettronico le formalità previste dalla legge, (richiamate dall’art. 2699 c.c.), e la sottoscrizione del pubblico ufficiale.
La conseguenza di tale impostazione stava nell’attribuire al documento informatico, un valore minore e sussidiario, assimilabile alla riproduzione meccanica o fotografica ex art.2712 c.c., o quello delle copie fotografiche di scritture, disciplinato dall’art. 2719 c.c., supportato dalla norma di chiusura dell’art.116 c.p.c., del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove.

In base a questa corrente dottrinaria, l’efficacia probatoria del documento elettronico era condizionata al mancato disconoscimento di colui contro il quale era prodotto, in forza dell’applicazione  degli artt.2702-3 c.c.
Il decreto D.P.R. 513/97  rappresenta, allo stato attuale, il corpus centrale della disciplina interna in tema di contrattazione telematica, integrata da varie norme di settore che riguardano il commercio elettronico quali: il D.Lg. del 31 marzo 1998, art.21 in materia di commercio; il T.U. in materia di intermediazione finanziaria; D.Lg.24 febbraio 1998, n.58 e regolamento di attuazione Consob; la Direttiva 1999/93/CE, che ritaglia una speciale disciplina in ordine alle firme digitali in relazione all’utilizzo delle stesse, quale mezzo di prova nei procedimenti giudiziari; a livello europeo, la Direttiva 31/2000/Ce che  riconosce valido l’uso delle tecnologie informatiche per formare, archiviare o trasmettere documenti. Infine abbiamo quale più recente normativa in tema di vendita a distanza di prodotti finanziari il Decreto Legislativo n. 190 del 19 agosto 2005 .

L’art.1 del citato D.P.R. .513/97 introduce al punto a) la definizione di documento informatico, la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, ed all’art.2 chiarisce che il documento informatico da chiunque formato, l’archiviazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge se conformi alle disposizioni del presente Regolamento.

Bisognerà verificare se tali disposizioni consentono l’osservanza di quei criteri idonei ad assolvere le tre funzioni tipiche del documento tradizionale, che ricordiamo: indicativa; dichiarativa; probatoria.
E’ con tale intento che passiamo allo studio del “sistema” della firma digitale.
La  firma digitale è definita dallo stesso D.P.R. 513/97 all’art 1 lettera b) quale risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica ed una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata ed al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.

La comprensione del sistema della firma digitale passa attraverso l’applicazione della crittografia, definito dalla dottrina: “Cifrare” (encipher o encode) significa trasformare i dati in una forma incomprensibile ed illeggibile da parte di chi non possiede la chiave per effettuare l’operazione inversa di decifratura (decipher o decode).

La cifratura si realizza mediante l’applicazione di una funzione (algoritmo) di cifratura (cipher system) e di una chiave; la funzione è reversibile, per cui l’applicazione dello stesso algoritmo e della chiave ai dati cifrati (ciphertext) restituisce il dato originale (plaintext o cleartext). Il testo in chiaro è il messaggio leggibile prima che sia stato cifrato, o dopo che sia stato decifrato; il criptogramma (testo cifrato) è il messaggio illeggibile che risulta dalla cifratura. [12]

La cifratura può essere c.d. simmetrica o asimmetrica.
Il sistema di crittografia simmetrico viene utilizzato con l’adozione di una unica chiave che serve sia per codificare il testo che per decodificarlo, la cui conoscenza deve essere comune sia al soggetto trasmittente che ricevente.

Questo mezzo non garantisce la piena sicurezza di segretezza e genuinità del documento, in quanto unitamente al testo viene trasmessa anche la chiave che potrebbe essere intercettata da un terzo; inoltre i due soggetti, trasmittente e ricevente, essendo in possesso della chiave, potrebbero modificare o alterare il documento, dopo la sua origine.
Il legislatore italiano ha conseguentemente operato la propria scelta, scegliendo il sistema di cifratura asimmetrica, c.d. a doppia chiave.
La tecnica di crittografia, qui oggetto di studio, presuppone che ciascun soggetto possegga due chiavi, una privata e l’altra pubblica
La chiave privata, di esclusiva proprietà e segreta, assolve alle funzioni di:

  1. costituire lo strumento mediante il quale il titolare appone la firma digitale sul documento informatico;

b)  costituire lo strumento con cui il destinatario può cifrare un documento a lui destinato, in precedenza cifrato con la corrispondente chiave pubblica.
La chiave pubblica invece, accessibile a chiunque mediante delle forme di pubblicità (quali la banca dati on-line) ed  associata alla  c.d. parte fidata (il certificatore), assolve alla corrispondente funzione inversa  cioè:

  1. verifica l’appartenenza ad un soggetto, il mittente, della firma digitale;
  2. consente di cifrare i documenti informatici destinati ad un soggetto che provvederà a decifrarli mediante la corrispondente chiave privata.

Dunque appare evidente che, separatamente le due chiavi non hanno alcuna utilità, e che la firma digitale sarà il risultato di una procedura informatica, la c.d. validazione, basata sulla combinazione tra la chiave privata con quella pubblica, mediante il quale viene cifrato e firmato il documento informatico

La generazione della coppia di chiavi avverrà mediante il c.d. dispositivo di firma, introdotto dall’art.8 del regolamento tecnico, il D.P.C.M. 8 febbraio 1999, il quale prevede: “Le chiavi private sono conservate e custodite all’interno di un dispositivo di firma che è un apparato elettronico programmabile solo all’origine, facente parte del sistema di validazione, in grado almeno di conservare in modo protetto le chiavi private e generare al suo interno firme digitali”.

Attualmente, non è esattamente individuato in cosa possa consistere tale apparato elettronico programmabile solo all’origine; la dottrina ha ipotizzato che, presumibilmente, sarà rappresentato da una carta elettronica a micro-processore (smart card, chip card), funzionanti con un mini sistema operativo in grado di far girare applicazioni per il compimento delle operazioni di cifratura.  

La cifratura asimmetrica, per ragioni di sicurezza e di velocità di elaborazione, si attua mediante l’applicazione della chiave privata, non all’intero testo, bensì ad una sintesi dello stesso, detta impronta (ovvero hash code). Essa viene calcolata applicando la c.d. funzione di hash, che ha la particolarità di produrre una serie numerica composta sempre ed esclusivamente da 160 bits non reversibili. Partendo quindi da questa sequenza non è possibile ricostruire il documento originale, ma modificando anche una sola virgola del documento originale si ottiene una sequenza numerica diversa.
La sequenza costituisce pertanto un estratto del documento che  garantisce l’integrità e l’autenticità del dato.

L’integrità si evince dal meccanismo crittografico basato sulla funzione di hash. L’autenticità si evince dal meccanismo di certificazione che garantisce l’attribuzione certa della chiave pubblica al soggetto titolare della stessa.
Tale funzione è stata assolta attraverso la costruzione di sistemi di certificazione (detti P.K.I., cioè Public Key Infrastructure), che mediante l’attività di certificazione o Autorità di certificazione, pubbliche o private, garantiscono tale esigenza di esatta corrispondenza.

Il legislatore italiano ha pienamente recepito tale meccanismo della c.d. terza parte fidata, cioè soggetti pubblici o privati, che offrano a loro volta una serie di garanzie, mediante l’osservanza di un rigido protocollo, e facenti capo all’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (AIPA), ora divenuta CNIPA (Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione).
Oltre alla funzione identificativa del titolare, l’Autorità di Certificazione ha l’importante compito di attestare il periodo di validità della chiave ed il termine di scadenza, che non può essere superiore a tre anni, del relativo certificato.

Egli è obbligato a dare corso alla revoca o sospensione dei certificati in caso di richiesta da parte del titolare, di perdita di possesso della chiave, di provvedimento dell’autorità, di acquisizione di cause limitative della capacità del titolare, di sospetti abusi o falsificazioni. (art.9, comma 2, lettera h).
I certificati con le indicazioni della loro validità sono tenuti in un apposito elenco, indicante anche quelli revocati e sospesi.

 Il ruolo quindi dei certificatori appare di particolare importanza in ordine alla tutela dell’affidamento del terzo, in quanto le inesatte informazioni in ordine al titolare del certificato, o la mancata tempestiva pubblicità di una causa di perdita di validità dello stesso, potrebbero avere indotto un soggetto a compiere atti aventi valore giuridico.[13]
L’art.1, lett. I, del D.P.R. 513/97 disciplina la timbratura (marcatura) temporale come “il risultato della procedura informatica, con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi”.

La validazione temporale, infatti, consiste nella generazione da parte di una terza parte fidata, normalmente un’Autorità di Certificazione, di un’ulteriore firma digitale aggiuntiva rispetto a quella del sottoscrittore, per mezzo di un software che calcola un hash, determinando la certezza del momento della formazione del documento.
La Pubblica Amministrazione non ha la necessità di rivolgersi ai Certificatori per ottenere  la marcatura temporale in quanto al suo interno è stata  prevista la Segnatura di protocollo che assolve alla medesima funzione.

In aggiunta alla validazione temporale, è prevista, dietro richiesta del soggetto interessato, la conservazione di copia del documento informatico al quale è stata applicata la marca, e ciò al fine di assolvere alla funzione di consentire l’esatta associazione tra il documento informatico e la chiave utilizzata.
L’art.4, comma 1, del D.P.R.513/97 chiarisce che il documento informatico, valido e rilevante a tutti gli effetti di legge, se munito dei requisiti previsti dal regolamento, soddisfa il requisito legale della forma scritta.

Inoltre l’art.5, primo comma, prevede espressamente che “il documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi dell’art.10, ha efficacia di scrittura privata, ai sensi dell’art. 2702 c.c.”; mentre il secondo comma prevede che “il documento informatico munito dei requisiti previsti dal presente regolamento ha l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2712 c.c. e soddisfa l’obbligo previsto dagli artt. 2214 e segg. c.c. e da ogni altra disposizione legislativa o regolamentare”.
Ma l’applicabilità degli artt. 2214 c.p.c., meriterà gli opportuni adattamenti: nel caso della scrittura privata informatica, infatti, si può verificare l’ipotesi che la firma digitale sia effettivamente quella del titolare, ma non sia stata da lui apposta.

Si è osservato in dottrina che, colui che invoca l’efficacia probatoria del documento dovrà provare l’autenticità della firma, ossia la corrispondenza della chiave privata del firmatario con la relativa chiave pubblica, mentre colui contro il quale il documento è prodotto, non potrà limitarsi a disconoscere la propria firma digitale, bensì dovrà “provare le concrete circostanze che escludono la propria responsabilità (e così il proprio rischio) per l’uso abusivo da terzi fatto della propria  chiave privata  per apporre la firma digitale (questo è il principio di autoresponsabilità derivante dal possesso del medium, ossia il computer).

 L’art.16 del Regolamento prevede che “si ha per riconosciuta, ai sensi dell’art.2703 c.c., la firma digitale, la cui apposizione è autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.
In tale ipotesi la firma digitale del notaio integra e sostituisce l’apposizione del sigillo notarile, per cui si avrà un documento informatico con le firme digitali delle parti ed altro documento informatico contente l’autentica del notaio e la firma dello stesso.

Il regolamento disciplina anche le ipotesi degli allegati al documento informatico autenticato prevedendo due distinte ipotesi:

  1. Ove l’allegato sia già in forma elettronica, l’allegazione alla scrittura

avverrà, come su modello cartaceo, con la combinazione dei due files;

  1. Qualora l’originale dell’allegato sia in forma cartacea, il notaio potrà

effettuarne una copia conforme elettronica e provvederà ad allegare all’originale in forma digitale tale copia.
Ritornando al tema della firma elettronica il Dlgs 23 /01/2002 n 10 recepisce la direttiva comunitaria 1999/93/CE del 13/12/1999 (intitolata “Quadro informativo delle firme elettroniche”) introducendo il concetto della firma elettronica avanzata, a fianco di quello già esistente di firma elettronica,  intendendola quale firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario e la sua univoca identificazione, creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo e collegata ai dati ai quali si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi sono stati successivamente modificati.

Infatti il D.P.C.M. 13/01/04 all’art.3 stabilisce che “Il documento informatico sottoscritto con firma digitale o altro tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e generato mediante un dispositivo sicuro per la creazione di una firma, non produce gli effetti di cui all’art. 10 T.U. se contiene macro istruzioni o codici eseguibili tali da attirare funzionalità che possono modificare gli atti, i fatti o i dati nella stessa rappresentati”.

Un accenno merita anche la c.d. chiave biometrica, definita all’art.1, lettera g, del  noto Regolamento: ”la sequenza di codici informatici utilizzati nell’ambito di meccanismi di sicurezza che impiegano metodi di verifica dell’identità personale basati su specifiche caratteristiche fisiche dell’utente”, quali ad esempio il controllo elettronico della voce, l’impronta digitale, la mappa della retina oculare.
Naturalmente trattandosi dell’applicazione di un sistema di cifratura asimmetrico le chiavi biometriche dovrebbero essere una coppia di chiavi asimmetriche nella cui generazione confluiscono caratteristiche biometriche del titolare delle stesse.
Passiamo ora alla normativa relativa ai siti che assurgono quali luoghi di svolgimento dei contratti.

 E' stato chiarito dal Regolamento Consob 11522/98 (artt. 71-76) che i siti Internet e la posta elettronica sono tecniche di comunicazione a "distanza" disciplinate dallo stesso.
Un sito, infatti, può contenere sia strumenti di interazione con l'investitore, sia documenti e messaggi con contenuto promozionale o negoziale che realizzano, di fatto, un'offerta permanente rivolta alla generalità del pubblico.
Per la posta elettronica, l'attività deve considerarsi svolta in Italia se il destinatario del messaggio è residente in Italia.

Nel caso di attività realizzata attraverso un sito, la Consob ha escluso che essa possa considerarsi rivolta ai residenti in Italia se il sito non rende possibile agli investitori residenti in Italia di dar seguito alle promozioni o alle proposte negoziali presenti nel sito.
La Commissione ha stabilito che, se ricorrono alcune circostanze che fanno ritenere le proposte d'investimento di qualche intermediario rivolte ad un pubblico italiano, allora le regole da rispettare sono quelle italiane anche se l'intermediario si trovi all’estero.

La Consob si riserva il diritto di considerare un sito web rivolto ad investitori domestici "sulla base di una valutazione specifica", come ad esempio il numero dei residenti aderenti a proposte finanziarie per il tramite di quelle pagine telematiche.
L'attribuzione di una "cittadinanza italiana" a un sito web comporta l'obbligo di rispettare tutte le normative previste in Italia a tutela degli investitori.

L'unica possibilità di sottrarsi ai rigidi vincoli della regolamentazione italiana è legata alla presenza nel sito di avvertenze, esplicite ed evidenziate, che chiariscono che il contenuto del sito è diretto soltanto a residenti in stati diversi dall’Italia poiché non è conforme alla normativa vigente in Italia; e comunque, il gestore del sito effettivamente rifiuta adesioni o richieste provenienti da investitori residenti in Italia.

C'è da rilevare, inoltre, che la Consob con la suddetta comunicazione, ha confermato l'impostazione a favore di un principio, quello delle regole di vigilanza del paese del consumatore, messo recentemente in discussione dalla CEE,  perché nelle proposte per la direttiva europea sul collocamento a distanza di servizi finanziari è stato infatti chiesto che le regole di condotta degli intermediari siano quelle del loro paese d'origine.

Le implicazioni connesse a queste diverse impostazioni, riguardano i diversi regimi d'imposizione applicabili che si possono suddividere in tre principali categorie:

  1. Regime del risparmio gestito: utilizzato per i capitali investiti in fondi comuni o in gestioni patrimoniali;
  2.  Regime del risparmio amministrato: utile per le operazioni eseguite dagli investitori, in cui la SIM o la banca che hanno gestito le operazioni relative all'intermediazione trattengono direttamente l'imposta per l'eventuale plusvalenza realizzata, consentendo agli investitori di rimanere nell'anonimato;
  3.  Regime ordinario: in questo caso, gli investitori devono computare le plusvalenze sulle proprie compravendite, e successivamente indicarle insieme agli altri redditi nella propria dichiarazione fiscale.

Gli ultimi due possono essere scelti dagli investitori operanti via Internet. In ogni caso si tiene conto delle minusvalenze realizzate sottraendole all'ammontare di plusvalenze totali.
Per chi si appoggia a intermediari on-line non italiani, la questione si complica, in quanto per costoro, l'unico regime applicabile è l'ordinario, con il risultato non indifferente della perdita dell'anonimato.
 Chi svolge attività di promozione o collocamento attraverso Internet deve essere un intermediario autorizzato, i prospetti informativi e i documenti sui rischi dell’investimento devono essere resi disponibili ai risparmiatori sul proprio sito Internet.

Il Regolamento 11522 DEL 1998 (art. 76) prescriveva l'utilizzo dei promotori finanziari se la tecnica di comunicazione a distanza consentiva la comunicazione individualizzata e l'interazione rapida.
L'obbligo veniva meno per attività  svolta su iniziativa dell'investitore, a meno che tale iniziativa non sia stata sollecitata con messaggi personalmente indirizzati all'investitore. [14]

Una comunicazione della Consob datata 7 luglio 1999 (n° DI/99052838) ha definitivamente modificato quanto previsto dal regolamento n.11522 dal momento che ammette la piena liceità dell'uso della rete telematica per il collocamento delle quote dei fondi comuni d’investimento, anche senza il ricorso ad un promotore finanziario.
Per la sottoscrizione il cliente scarica on-line il modulo d’adesione lo compila, lo firma e l’invia alla SGR tramite posta (venendo meno l’utilità di Internet).
La legge impone che l'investitore sia identificato da un intermediario per la prima sottoscrizione. Ma non è imposto agli intermediari di rilasciare l'attestazione.

In alternativa siccome la legge include la Posta tra i soggetti abilitati ad identificarli, il cliente recandovisi per spedire il modello d’adesione paga alla stessa il corrispettivo dovuto (con vaglia/bonifico).[15]
La più recente norma in tema di vendite a distanza è  Decreto Legislativo n. 190 del 19 agosto 2005 con cui il Governo ha adeguato la normativa esistente a quanto previsto dalla Direttiva comunitaria per quanto concerne le vendite al dettaglio di servizi bancari, d'investimento o assicurativi, realizzate per mezzo di strumenti a distanza quali telefono, fax, internet, ecc.  (che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE).

Dal  decreto  composto da 22 articoli sono introdotte novità rilevanti.
Prima di tutte figura il diritto del consumatore di recedere dal contratto (previsto dall’art 11),  senza penali e senza dover indicare il motivo entro i 14 giorni successivi alla sua stipula. Questo termine è esteso a 30 giorni qualora il contratto abbia per oggetto assicurazioni sulla vita e operazioni relative a schemi pensionistici individuali.

Il termine durante il quale può essere esercitato il diritto di recesso decorre alternativamente: dalla data della conclusione del contratto, tranne nel caso delle assicurazioni sulla vita, per le quali il termine comincia a decorrere dal momento in cui al consumatore è comunicato che il contratto è stato concluso; dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni se tale data è successiva a quella della conclusione del contratto.

Il diritto di recesso non si applica: ai servizi finanziari, diversi dal servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento, il cui prezzo dipende da fluttuazioni del mercato finanziario che il fornitore non è in grado di controllare (ad esempio i servizi riguardanti: operazioni di cambio; strumenti del mercato monetario; valori mobiliari; quote di un organismo di investimento collettivo; contratti a termine (futures) su strumenti finanziari e su tassi di interesse (FRA); swaps su tassi d'interesse, su valute o azioni o  indici azionari; opzioni (in particolare su valute e su tassi d'interesse); alle polizze di assicurazione viaggio e bagagli o alle analoghe polizze assicurative a breve termine di durata inferiore a un mese; ai contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su esplicita richiesta scritta del consumatore prima che quest'ultimo eserciti il suo diritto di recesso, nonché ai contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per i quali si sia verificato l'evento assicurato; alle dichiarazioni dei consumatori rilasciate dinanzi ad un pubblico ufficiale.

Secondo l’art. 12 il consumatore che esercita il diritto di recesso previsto è tenuto a pagare solo l'importo del servizio finanziario effettivamente prestato dal fornitore conformemente al contratto a distanza (tenendo presente che l'esecuzione del contratto può iniziare solo previa richiesta del consumatore). Nei contratti di assicurazione l'impresa trattiene la frazione di premio relativa al periodo in cui il contratto ha avuto effetto.
Il fornitore che ostacola l'esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore ovvero non rimborsa al consumatore le somme da questi eventualmente pagate, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria, per ciascuna violazione, da euro cinquemila a euro cinquantamila (come previsto dall’art.16).

Le nuove norme, in vigore dal 7 ottobre 2005, si applicano (secondo l’art. 1) anche quando una delle fasi della commercializzazione comporta la partecipazione, indipendentemente dal suo stato giuridico, di un soggetto diverso dal fornitore .
Per i contratti riguardanti servizi finanziari costituiti da un accordo iniziale di servizio seguito da operazioni successive o da una serie di operazioni distinte, della stessa natura, scaglionate nel tempo, le disposizioni del presente decreto si applicano esclusivamente all'accordo iniziale.

Se non vi è un accordo iniziale di servizio, ma le operazioni successive o distinte, della stessa natura, scaglionate nel tempo sono eseguite tra le stesse parti contrattuali e nessuna operazione, della stessa natura, è eseguita entro un periodo di un anno, l'operazione successiva è considerata come la prima di una nuova serie di operazioni .

Nella fase delle trattative  e comunque prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o da un'offerta secondo quanto disposto dall’art 3, gli sono fornite le informazioni riguardanti:
a) il fornitore ossia l'identità e la sua attività principale; l'indirizzo  nel quale è stabilito e qualsiasi altro indirizzo rilevante nei rapporti tra consumatore e fornitore; l'identità del rappresentante e l'identità del professionista nonché la veste in cui agisce; se iscritto in un registro commerciale o in un pubblico registro analogo,  il numero di registrazione o un elemento equivalente per identificarlo; qualora l'attività sia soggetta ad autorizzazione, gli estremi della competente autorità di controllo.
b) il servizio finanziario ossia una descrizione delle principali caratteristiche del servizio finanziario; il prezzo totale  o, se non è possibile indicare il prezzo esatto, la base di calcolo del prezzo, che consenta al consumatore di verificarlo; se del caso, un avviso indicante che il servizio finanziario è in rapporto con strumenti che implicano particolari rischi dovuti a loro specifiche caratteristiche o alle operazioni da effettuare, o il cui prezzo dipenda dalle fluttuazioni dei mercati finanziari su cui il fornitore non esercita alcuna influenza, e che i risultati ottenuti in passato non costituiscono elementi indicativi riguardo ai risultati futuri; l'indicazione dell'eventuale esistenza di altre imposte e costi non versati tramite il fornitore; modalità di pagamento; qualsiasi costo specifico aggiuntivo per il consumatore relativo all'utilizzazione della tecnica di comunicazione a distanza; l'indicazione dell'esistenza di collegamenti o connessioni con altri servizi finanziari, e gli eventuali effetti complessivi derivanti dalla combinazione.
c) il contratto a distanza ossia la durata minima del contratto a distanza, in caso di prestazione permanente o periodica di servizi finanziari; l'esistenza o la mancanza del diritto di recesso conformemente all'art. 11 (e dunque solo nei casi espressamente previsti da tale art.) e, se tale diritto esiste, la durata e le istruzioni pratiche per l'esercizio del diritto di recesso, comprendenti tra l'altro il mezzo, inclusa in ogni caso la lettera raccomandata con avviso di ricevimento, e l'indirizzo a cui deve essere inviata la comunicazione di recesso; lo Stato membro o gli Stati membri sulla cui legislazione il fornitore si basa per instaurare rapporti con il consumatore prima della conclusione del contratto a distanza;
d) il ricorso ossia l'esistenza o la mancanza di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso accessibili al consumatore che è parte del contratto a distanza e, ove tali procedure esistono, le modalità che consentono al consumatore di avvalersene; l'esistenza di fondi di garanzia o di altri dispositivi di indennizzo.

Il fornitore in base all’art 10 comunica al consumatore tutte le condizioni contrattuali nonché le informazioni su supporto cartaceo o su un altro supporto durevole, disponibile e accessibile per il consumatore in tempo utile, prima che lo stesso sia vincolato da un contratto a distanza o da un'offerta.
In qualsiasi momento del rapporto contrattuale il consumatore, se lo richiede, ha il diritto di ricevere le condizioni contrattuali su supporto cartaceo.
Inoltre lo stesso ha il diritto di cambiare la tecnica di comunicazione a distanza utilizzata, a meno che ciò non sia incompatibile con il contratto concluso o con la natura del servizio finanziario prestato.

Risulta  vietata dall’art 14 la fornitura di servizi finanziari al consumatore che non ne ha preliminarmente fatto richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso. 
I diritti attribuiti al consumatore dal presente decreto sono irrinunciabili come disposto dall’art 17 per il quale è nulla ogni pattuizione che abbia l'effetto di privarne il consumatore. La nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Infine è a carico del fornitore secondo l’art 20 l'onere della prova riguardante: l'adempimento agli obblighi di informazione del consumatore;  la prestazione del consenso del consumatore alla conclusione del contratto; l'esecuzione del contratto;  la responsabilità per l'inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto. Le clausole che hanno per effetto l'inversione o la modifica dell'onere della prova si presumono abusive.


[12]Sono inoltre disponibili sulla stessa rete dei sistemi di cifratura avanzata, ottenibili mediante una semplice operazione di downloading, come il sistema PGP (Pretty Good Privacy), disponibile sin dal 1991.

[13]  La responsabilità del certificatore sarà extra-contrattuale e derivante dalla lesione della libertà negoziale che prevede il risarcimento del danno in favore della persona indotta a concludere affari negoziali in base a informazioni errate colposamente fornite da terzi.

[14]In caso di utilizzo della posta elettronica, gli addetti all'interazione tra intermediario ed investitore devono essere promotori finanziari. L'intermediario non è tenuto ad utilizzare promotori per inviare: messaggi di conferma delle disposizioni impartite; documenti anche contrattuali,necessari per l'acquisto e la sottoscrizione di prodotti finanziari e d’investimento (anche di altri intermediari); informazioni descrittive dell'offerente, dei servizi di investimento o dei prodotti finanziari offerti.

[15] Inoltre  si può effettuare on-line anche la prima sottoscrizione se si ha già un rapporto contrattuale col collocatore (cioè si è già firmato un contratto cartaceo). Le disposizioni successive  (investimenti successivi, riscatti, switch) non necessitano di passaggi cartacei. La distribuzione  tramite internet riguarda però solo i fondi italiani o  armonizzati.


      
Dott.ssa Maria Michela Lucignano

Successivo: 3.3. Certificazione EFPA.

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