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Razionalità e motivazioni affettive

Motivazioni "razionali"

Si definisce motivazione razionale quella risposta agli stimoli pienamente deliberata, dopo che questi sono stati trasformati in rappresentazioni nel cervello e in immagini nella mente. Essa è il risultato di una procedura logico-sequenziale che elabora queste immagini, le trasforma opportunamente in possibili esiti futuri, e le valuta. Le motivazioni razionali e la procedura sottostante sono acquisite, e sono un’attività complessa. Il termine “razionale” va dunque riferito alla caratteristica della procedura adottata soggettivamente, e non alla efficienza oggettiva di questa procedura rispetto alle altre.

L’elaborazione razionale consiste anzitutto nella identificazione, selezione e isolamento delle informazioni rilevanti per un predeterminato fine, sulla base di quelle immagini che sono ricavabili dalla percezione consapevole. In secondo luogo, consiste nel tradurre queste informazioni in opzioni potenzialmente operative. In terzo luogo, consiste nel mantenere simultaneamente attive nella memoria le informazioni e i sentimenti dell’individuo ad esse associati. Si osservi che le informazioni devono essere fissate virtualmente come costanti, ed i sentimenti devono essere anch’essi isolati in modo corrispondente alle informazioni. In alcuni casi la spinta all’azione dovuta alle motivazioni affettive deve essere contenuta.

La tipica valutazione razionale consiste nella procedura logico-sequenziale che dapprima tenta di comparare le opzioni alternative, e poi tenta di individuare la opzione che, una volta realizzata, dovrebbe massimizzare il benessere soggettivo. La procedura razionale è dunque un’attività complessa, anche perché richiede di gestire una grande quantità di informazioni. Si tratta di un’attività che è sostanzialmente deliberata, rivolta a controllare la realtà attraverso la acquisizione delle informazioni e attraverso il comportamento.

Questa attività costituisce la componente fondamentale della identità cosciente, insieme alla componente costituita delle informazioni che possono essere consapevolmente richiamate dalla memoria autobiografica. Damasio (1995), tuttavia, porta diverse prove cliniche che dimostrano che la valutazione razionale non è sufficiente al fine di prendere una decisione, ma è necessaria la capacità reattiva del corpo, e quindi l’intervento dell’identità inconscia (vedi par.1.2). Questo farebbe pensare alla razionalità come ad una clessidra, una strettoia fra l’attività di percezione e memorizzazione su base “emotiva”, che si svolge in modo multidimensionale o “in parallelo”, e la spinta alla decisione e comportamento, anch’essa come attività multipla su base “emotiva”.

Attraverso la strettoia passa il filo logico-sequenziale razionale in cui i processi nervosi paralleli si allineano in sequenza seriale (Boncinelli 2002). Si osservi che mentre l’identità inconscia ha carattere spontaneo, è attiva fin dai primi anni di vita, e si basa su un’attività continuativa, l’identità cosciente è uno sforzo deliberato, che va appreso ed esercitato, e che può essere prolungato solo per pochi secondi, sebbene in modo molto frequente. La continuità dell’identità cosciente è un’illusione (Boncinelli 2002).

La teoria classica della scelta razionale è la rappresentazione di un modo in cui la razionalità tende ad operare. Questi risultati di neurobiologia mostrano però che si tratta di una rappresentazione molto astratta. Infatti, la teoria classica della scelta razionale non solo assume che i tentativi di comparazione delle opzioni e di massimizzazione vadano a buon fine, ma assume anche che l’elaborazione preliminare sia irrilevante. Assume infatti in modo implicito che le informazioni siano presenti in modo isolato, che la percezione ed i sentimenti siano altrettanto definiti, che informazioni e sentimenti rimangano invarianti nel tempo. La razionalità classica, pertanto, è una approssimazione che ignora costi psichici per essere applicata. In particolare ignora la fonte di incertezza dovuta alla variabilità dei sentimenti e dell’identità.

Inoltre, la razionalità classica si confronta con le “emozioni” sullo stesso piano, come fossero due forze autonome e contrapposte. Invece, come ha osservato Damasio (1995), il famoso detto di Cartesio che dichiara la autonomia della razionalità, andrebbe così ribaltato: “sono, quindi penso”! La razionalità classica è dunque un’astrazione, cionondimeno costituisce una forte attrazione intellettuale per diversi motivi. Apparentemente per la sua grande capacità di gestire le informazioni, e per la sua potente capacità predittiva. Dovendo tuttavia limitare le informazioni considerate soltanto a quelle consapevoli, il motivo certo di successo della razionalità classica è piuttosto dovuto al fatto che le informazioni considerate, le procedure di elaborazione ed i risultati possono essere comunicati tra le persone in modo non ambiguo, ed eventualmente le elaborazioni ed i risultati possono essere replicati.

Prof. Maurizio Pugno

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