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Report finanziario "CLASSIC" 31 Gennaio 2007

LE SPERANZE DI GENNAIO

Il mese di gennaio, che per i mercati azionari era partito in sordina ma aveva trovato un impulso rialzista nella parte centrale del mese, si avvia a conclusione poco al di sopra dei valori con cui era iniziato.
I mercati sembrano vivere le ultime giornate del mese con grande cautela, in attesa di comprendere le intenzioni della Federal Reserve, dopo qualche settimana di dati macroeconomici piuttosto positivi.
Fino a poche settimane fa la più diffusa convinzione sui mercati era quella che il 2007 ci avrebbe portato un ulteriore rallentamento economico americano, che avrebbe addirittura indotto la Federal Reserve a tagliare i tassi di interesse in primavera per evitare che la frenata si trasformi in recessione.

A testimonianza di questa convinzione basta verificare il comportamento dei mercati fino a fine novembre. Quello obbligazionario rimbalzava significativamente, mentre che quello azionario proseguiva nel suo rally estivo, rassicurato dalla protezione che Bernanke avrebbe concesso attraverso il taglio dei tassi. Il dollaro viveva un periodo di appannamento perché per gli stranieri diminuiva l’appetibilità di un investimento in una economia in rallentamento e con tassi in possibile calo.
Lo scenario è mutato a partire da dicembre. Con l’arrivo di una lunga serie di dati macroeconomici al di sopra delle attese, favoriti dall’insolita mitezza del clima di dicembre, le previsioni sull’economia Usa hanno svoltato decisamente verso il bello, tanto che in questi giorni gli analisti più coraggiosi stanno già parlando di fine del periodo di debolezza per l’economia USA. Oggi il dato provvisorio sul PIL americano del 4° trimestre ha addirittura superato le già rosee aspettative degli analisti, esprimendo un tasso di crescita annualizzato del 3,5%, contro il 2% del 3° trimestre.

Appare chiaro pertanto che le speranze di taglio dei tassi si sono trasformate in pie illusioni. Se tutto andrà bene Bernanke manterrà questo livello per tutto il 2007. All’interno del FOMC della Federal Reserve non manca qualche membro che addirittura punta il dito sui pericoli di ripresa dell’inflazione e consiglia di mantenere la politica restrittiva e magari di ritoccare all’insù i tassi. I falchi sono in minoranza, per ora, ma le colombe non se la sentono di abbassare la guardia dal momento che il mercato del lavoro è molto tirato e il petrolio dà segnali di risalita, rinfocolando le pressioni inflazionistiche.
I mercati hanno espresso in questa seconda parte di gennaio tutte le perplessità derivanti da questo mutamento di scenario. Quello obbligazionario ha innestato la retromarcia e in questi giorni è tornato sui livelli di questa primavera, che per le obbligazioni europee coincidono con i minimi del 2006, testando livelli di supporto molto importanti.
Il dollaro ha ripreso forza ed è riuscito a far ripiegare il cambio con l’euro nuovamente sotto 1,30.

Il mercato azionario è quello che ha resistito megli, anche perché tutto sommato una migliore crescita economica non fa certo male ai bilanci delle società.
Però è mancata la conferma che ci si aspettava dalle trimestrali. La lunga serie di dati societari relativi al 4° trimestre 2006 finora pubblicati ha lasciato un po’ di amaro in bocca. A differenza dei trimestri precedenti un numero abbastanza consistente di società ha fallito il raggiungimento delle previsioni degli analisti, specialmente nel settore tecnologico, dove anche le previsioni per il 2007 sono improntate ad un certo pessimismo.
Pertanto il rally si è arrestato ed attende rassicurazioni dalle prossime mosse della Federal Reserve. Il movimento laterale dell’indice SP500 conferma il disorientamento del mercato, ma anche la fiducia di fondo che ancora mantengono gli investitori.
Gennaio si appresta comunque a chiudersi in rialzo, modesto, ma pur sempre rialzo.
Coloro che si affidano alle statistiche potranno riporre le proprie speranze nella bizzarra ma molto forte correlazione che esiste tra l’andamento di tutta l’annata borsistica e l’andamento del mese di gennaio. Infatti la borsa americana negli ultimi 50 anni per ben 43 volte ha avuto nella performance annuale lo stesso segno fatto registrare dal mese di gennaio.

Se anche nel 2007 la correlazione si ripeterà dovremmo pertanto assistere ad un ulteriore annata positiva per il mercato azionario.

MONDO IMMOBILIARE N. 3
Continuiamo il discorso sul mercato immobiliare con l’ormai consueto intervento sulla materia a cura dell’amico Bepy La Monica, coordinatore del marchio Andromeda, che si occupa di Architettura e Comunicazione e riunisce professionisti che operano in edilizia.

Nell’ultimo intervento avevo scritto che il prezzo di una abitazione si calcola moltiplicando il valore medio del “metro quadro di zona” per il numero dei “metri quadri commerciali” totali; in questo articolo mi occuperò di come si valuta il valore medio del “metro quadro di zona”.
Innanzitutto ci sono alcune Società di consulenza che forniscono i valori massimi e minimi “di mercato” per residenze, uffici e locali commerciali situati nelle più importanti città e nei centri limitrofi, riferiti alle varie zone in cui è possibile individuare una certa uniformità: si possono consultare i dati della Soc. Nomisma (settore immobiliare) o della Gabetti, oppure delle Borse Immobiliari che fanno capo alle Camere di Commercio. Queste valutazioni sono però molto prudenziali, non tengono in gran conto le diversità tipologiche dei beni oggetto di valutazione, sono comunque delle medie, ed in realtà forniscono più che altro una stima dell’andamento del mercato per grandi linee. Mercato che è molto vario, che è costituito spesso da una miriade di microzone impossibili da tenere sotto controllo, talvolta differenziato da palazzo a palazzo sulla stessa strada; e poi spesso nelle stime non si considerano caratteristiche come la posizione, la luminosità, il grado di conservazione, la disposizione interna degli ambienti, eccetera. Insomma, un mercato unico in fondo non c’è.

Nelle grandi città le zone sono assai differenti tra di loro (centro storico, centro antico, centro commerciale, semiperiferia, periferia); nell’acquisto di una abitazione ad uso residenziale si deve tener conto poi di condizioni e considerazioni personali (quindi variabili), come le distanze dal luogo di lavoro, dalle stazioni della metro, dalle tangenziali, da giardini e parchi; si guarda se la zona è servita da adeguati mezzi di trasporto, si calcola il tempo da impiegare per accompagnare i figli a scuola, si tiene conto di zone di parcheggio, si considera il grado ed il livello di qualità delle strutture commerciali presenti in zona (banche, supermercati, negozi).

Ma allora come si fa ad individuare il nostro famoso valore del “metro quadro di zona”? Semplice. Si chiede a chi lo può conoscere più precisamente, e cioè gli Agenti Immobiliari di Zona. Perché sono proprio loro che, per lavoro, gestiscono quotidianamente trattative per vendere e acquistare immobili. Seguiamo un immaginario percorso: abbiamo scelto “la zona” (non troppo ristretta!) in cui vorremmo trovare casa per abitarci; ci rivolgiamo a tre o quattro agenzie (due “di cartello” e due outsiders); se possibile cerchiamo di conferire con il titolare; in ogni caso chiediamo che il nostro interlocutore ci mostri il tesserino di riconoscimento e di appartenenza all’Albo degli Agenti Immobiliari e di Commercio rilasciato dalla competente Camera di Commercio, e ci annotiamo  garbatamente il relativo numero d’ordine; mettiamo il nostro Agente al corrente delle nostre esigenze (tipologia, piano, numero degli ambienti, accessori, garages e quant’altro) e chiediamo se hanno in portafoglio un immobile che soddisfi tutte le nostre aspettative.

Di ogni immobile presentato su carta (meglio se con una planimetria catastale) ci facciamo dare quante più notizie possibili, ovviamente il prezzo, ma soprattutto quanti sono i metri quadri commerciali; chiediamo che margini ci sono di trattativa sul prezzo che ci viene comunicato, e se quello è il prezzo richiesto dal cliente, quello cioè che dovrebbe comparire sul mandato di agenzia, a cui possiamo chiedere di dare uno sguardo. Perché non è raro il caso di agenti che innalzano l’offerta per incassare un premio extra. Non dimentichiamo di chiedere a quanto ammonta la percentuale di intermediazione, se viene richiesta una percentuale analoga al venditore, se essa viene stabilita sul prezzo effettivo di vendita, quando deve essere corrisposta, quali sono i servizi pre e post vendita; cioè materialmente cosa fa e come si comporta l’agenzia in questione.

A questo punto, dopo aver contattato un certo numero di agenzie ed aver visionato altrettanti immobili su carta, avrete abbastanza dati per ricavare, con facili e semplici calcoli, a che cifra si vende una certa tipologia di immobile in una certa zona; tenendo anche presente che, sul prezzo richiesto, a seconda dei periodi, si può arrivare ad uno sconto che supera il 20 per cento iniziale.
Un secondo metodo, più sbrigativo ma più approssimato perché non avrete tutte le notizie che vi interessano, è quello di consultare le pubblicazioni che periodicamente le agenzie compilano e che si trovano anche gratuitamente presso vari esercizi commerciali, oltre che davanti agli uffici delle agenzie. Anche qui tenete presente che i margini di trattativa possono essere molto ampi, e superare  il 15-20 per cento; d’altra parte ogni immobile, ogni venditore, ogni agente (ed ogni compratore) è da considerarsi come unico, e quindi bisogna capire di volta in volta come procedere.

Una terza ipotesi è quella di poter chiedere a qualche amico notaio se ha notizie precise su contratti stipulati di recente; ed addirittura sarebbe il massimo se si conoscesse con certezza il prezzo di vendita di edifici simili a quello di nostro interesse, magari chiedendo a qualche amico. Anche i portinai a volte sono buoni fornitori di notizie attendibili.
Nel prossimo intervento esamineremo quale comportamento avere nei confronti dell’Agente Immobiliare incaricato di vendere un immobile, quali sono le precauzioni da prendere e quali le condizioni da rispettare per evitare il più possibile problemi (spesso nascosti) e complicazioni.
Un consiglio che ritengo utile: fatevi seguire in tutta la trattativa da un tecnico (esperto e di vostra fiducia!), che vi accompagnerà durante le visite agli immobili e che potrà valutare lo stato di conservazione delle strutture e degli impianti, il costo degli eventuali interventi di ristrutturazione, dandovi il suo parere circa il valore del vostro probabile investimento.

Bepy La Monica     md9136@mclink.it

 

FOCUS MACROECONOMICO

TROPPA SALUTE SPAVENTA I MERCATI

Sul fronte macroeconomico, gli ultimi giorni hanno continuato a portare ai mercati notizie di sostanziale stabilità della crescita americana. I dati relativi a dicembre, per quasi tutti gli indicatori, stanno mostrando un deciso rimbalzo della congiuntura, forse anche favorito dalle ottime condizioni climatiche di quel mese.
Sta di fatto che i timori di ulteriore rallentamento del PIL USA nell’ultimo trimestre, magari al di sotto di quel tasso tasso annualizzato di crescita del 2%, che ci aveva consegnato il 3° trimestre, appaiono fugati.
In settimana, precisamente mercoledì, avremo la prima stima provvisoria del dato delll’ultimo trimestre 2006 ed il consenso degli analisti si sta sbilanciando su una previsione di aumento del ritmo di crescita fino al 3%. Soltanto un mese fa una simile previsione avrebbe provocato grasse risate.

Il miglioramento generale della situazione economica si accompagna con segnali di ripresa da parte del principale malato dell’economia USA, cioè il settore edile, che in dicembre ha messo a segno un lieve incremento di attività dopo il prolungato calo per tutto il resto dell’anno. I prossimi mesi ci diranno se si tratta di una semplice pausa, oppure se dovremo considerare superata la crisi del settore.
Dal lato dei prezzi, si confermano indicazioni di stabilità, con il prezzo del petrolio che sembra non rappresentare più uno spauracchio, dal momento che non riesce a rimbalzare significativamente al di sopra dell’area 50-55 dollari, che sembra ora rappresentare la fascia di movimento delle prossime settimane.
In una tale situazione, abbastanza imprevista dai mercati, che nelle scorse settimane scontavano un ulteriore rallentamento economico, appare molto importante la riunione del FOMC che avverrà mercoledì. Nessuno prevede una modifica al tasso ufficiale di interesse sui Federal Funds, che anche questo mese dovrebbe essere mantenuto fermo al 5,25%, tuttavia gli analisti andranno a caccia di indizi sulle intenzioni future della Fed nel comunicato ufficiale.
Se fino a qualche settimana fa i mercati sembravano prevedere la fine della impostazione restrittiva in primavera, ed un possibile primo taglio dei tassi a marzo, la situazione di forza dell’economia americana ha spazzato via queste illusioni. Ora nessuno prevede tagli nei tassi per un periodo abbastanza lungo. Anzi, cominciano a prendere corpo, in alcuni esperti, aspettative di un possibile ulteriore rialzo, se dal mercato del lavoro continueranno ad arrivare notizie di robusta creazione di posti e diminuzione della disoccupazione. La Fed è infatti molto sensibile alle spinte inflazionistiche che possono pervenire da un aumento del costo del lavoro che sarebbe indotto dalla difficoltà a reperire manodopera in un mercato piuttosto esaurito.

Il cambiamento di sentiment sui tassi ha provocato effetti di rilievo sui mercati. Il comparto obbligazionario ha proseguito nel calo delle quotazioni, portandosi verso i minimi dello scorso anno ed annullando il movimento di rimbalzo che in autunno sembrava anticipare la fine della politica restrittiva della Fed, mentre il comparto azionario, che teoricamente dovrebbe essere premiato dalla robustezza dell’economia, sta manifestando qualche incertezza a proseguire nella salita, essendo venuta a mancare la spinta di un possibile taglio dei tassi, che avrebbe compensato le note dolenti di dati societari in chiaroscuro. Infatti per la prima volta da parecchi trimestri le trimestrali presentate non sono univocamente brillanti, ma i risultati positivi di qualche azienda si accompagnano a dati al di sotto delle attese da parte di altre.
Il dollaro sembra invece approfittare del miglioramento economico rafforzandosi sulle principali monete.

Pierluigi Gerbino

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