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Report finanziario "CLASSIC" 25 Gennaio 2004

CORREGGE SOLO L'AMERICA

Sono giorni di incertezza per i mercati azionari mondiali. Lo smalto che ha caratterizzato il rally di fine anno sembra andato smarrito, almeno sui mercati americani.

Qui la riflessione si concentra sul fatto che le prime trimestrali pubblicate, relative all'ultimo trimestre del 2004, hanno mostrato parecchie luci ma almeno qualche ombra. L'ultimo trimestre sembra quindi promettere assai meno sfracelli del penultimo, almeno dal punto di vista degli utili societari.

Su questo scenario, che definirei rosa pallido, si innestano alcuni altri dati. Il primo, ma meno importante, è la ripresa del prezzo del petrolio, che sta nuovamente tentando di riavvicinarsi a quota 50 $.

Le borse hanno già mostrato nei mesi scorsi di non lasciarsi impressionare più di tanto dalla salita del petrolio. La dipendenza dell'economia dal greggio non è più totale come un tempo, come non lo è più la correlazione tra prezzo del petrolio ed inflazione. E' ovvio che i mercati azionari preferiscano il greggio in discesa, ma se sale non si stracciano le vesti più di tanto.

Molto più considerata, credo, è la relazione tra borse e tassi di interesse, che è il terzo dato che gli investitori stanno considerando. La politica di rialzo graduale dei tassi da parte della Federal Reserve ha già fatto alcuni passi e tutto lascia pensare che Greenspan abbia intenzione di proseguire nella medesima direzione. Generalmente le Borse snobbano il rialzo dei tassi nelle sue prime fasi, per ppi subirne l'impatto negativo quando la manovra comincia a diventare incisiva sui consumi e sugli investimenti.

Ora, non si può dire che un tasso d'interesse al 2,50%, con un indice dei prezzi superiore al 3% sia un livello particolarmente restrittivo. Infatti le Borse non si sono fatte impressionare dai rialzi, finora. Li hanno, anzi, interpretati come segni che Greenspan nutriva fiducia nella capacità di crescita economica del sistema americano.

Qualcuno però ora comincia a chiedersi se i rialzi proseguiranno ancora. Tutti gli esperti ipotizzano almeno 3-4 ulteriori ritocchi da 0,25% nel corso del 2005, il primo dei quali dovrebbe avvenire, per opinione praticamente unanime, ai primi di febbraio.

Qualcuno però, constatando da un lato che Greenspan sta dichiarando che la politica restrittiva proseguirà, e dall'altro che finora i rialzi fin qui decretati non hanno minimamente influito sui consumi, che continuano incessantemente ad aumentare mese dopo mese da 14 anni, si sta chiedendo se Grenspan può ancora permettersi quella gradualità che ha mostrato finora.

E' ormai chiaro a tutti che il più grosso problema attuale del sistema economico americano è la cronica incapacità di risparmio. Non risparmiano le famiglie ed è in forte deficit anche la Pubblica Amministrazione. Bush, d'altra parte, nel suo discorso di insediamento ha promesso al mondo altri interventi per esportare la democrazia occidentale (toccherà all'Iran, ora?) ma nessun intervento per risanare il bilancio.

La poderosa crescita americana è interamente finanziata da capitali stranieri. E' evidente che la corda non può essere ulteriormente tirata senza rischiare di strapparla. Ecco perché forse Greenspan comincia a sentire come impellente la necessità di fermare un po' i consumi e stimolare la capacità di risparmio degli americani. E ciò può essere fatto soltanto portando i rendimenti a livelli un po' più interessanti. Ecco perché non si trova nessun esperto disposto a scommettere che tra un anno i tassi saranno ancora al livello attuale, ma tutti ipotizzano da 1 a 2 punti percentuali in più.

Se è così per i mercati azionari è solo questione di tempo. La festa sta per finire. I più lesti stanno già mettendo in tasca i guadagni di questi ultimi due anni, che sono stati piuttosto grassi.

Personalmente credo che la marcia delle Borse non sia ancora conclusa. Quella in corso, in USA più che in Europa, secondo me è una correzione che precede un ulteriore balzo verso quel livello di 1250-1280 di SP500 che ho ipotizzato da tempo come obiettivo finale. Il tutto si dovrebbe verificare entro la prossima primavera. Cambierò parere e dirò che forse tutto è finito se l'indice USA scenderà sotto 1140. Per ora ciò non è ancora capitato.

La forza dei mercati europei si conferma inaspettatamente superiore a quella degli indici USA. Anche se ovviamente non riescono ad andare in controtendenza, essi stanno mostrando una capacità di assorbimento delle vendite assai superiore al passato. I valori in Europa sono ancora assai vicini ai massimi di periodo, quando addirittura non coincidono con essi, come nel caso del nostro incredibilmente tonico Mibtel. Rilevo però che il fatto di non aver sostanzialmente subito quella correzione che invece in America si sta realizzando, toglie buona parte del potenziale alle velleità future, quando dagli USA dovessero venire nuovamente indicazioni rialziste.

FOCUS MACROECONOMICO

La fase di incertezza e di correzione dei mercati azionari americani è proseguita nella scorsa settimana, grazie ad una serie di dati macroeconomici inferiori alle attese, ma soprattutto per colpa delle comunicazioni societarie deludenti da parte di alcuni grossi calibri del mercato americano.

Sono stati soprattutto i dati che misurano la forza del comparto manifatturiero (Empire State e Fed Philadelphia) a deludere le attese. Dall'inflazione e dal superindice le notizie sono state invece sostanzialmente positive ed in linea con le attese.

Quel che sta invece facendo la differenza rispetto all'entusiasmo che tre mesi fa alimentò il rally di fine anno è la serie di trimestrali contrastanti in arrivo dalla Corporate America. Mentre nel terzo trimestre abbiamo vissuto una stagione di dati aziendali molto positiva, con la grande maggioranza delle società in grado di battere le previsioni già positive degli analisti, queste prime settimane di gennaio, dedicate ai risultati dell'ultimo quarto del 2004, non stanno mostrando altrettanta positività. Non mancano le società, come Apple, Yahoo, IBM e General Electric e Citigroup, in grado di mostrare ulteriori progressi nella crescita degli utili e di battere il consenso degli analisti, ma questa volta al loro fianco non si può chiudere gli occhi ed evitare di vedere Ebay, JPMorgan e Wachovia che hanno presentato risultati assai meno entusiasmanti.

Saranno quindi ancora le trimestrali a condizionare l'ultima settimana di gennaio, anche se dal fronte macroeconomico sono attesi due importanti dati provenienti dagli USA: gli Ordini di beni durevoli (giovedì) e soprattutto la prima stima del PIL del 4° trimestre, in arrivo venerdì. Su quest'ultimo dato va rilevato che trattandosi di prima stima assai provvisoria potrebbero esserci scostamenti rilevanti rispetto alle previsioni degli analisti.

Pierluigi Gerbino

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