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Indice VIX, Volatilità, Modelli e Analisi Empirica

Conclusioni

L’indice S&P500 dalla sua nascita ad oggi riflette tutte le variazioni del mercato internazionale, per questo motivo analizzare la sua volatilità aiuta a capire come si può muovere il mercato in futuro: la storia economica degli ultimi 50 anni è suddivisa in cicli dalla durata più o meno lunga, ogni periodo ha una sua fase di mercato, determinata dagli eventi che accompagnano quel momento storico. L’indice nasce nel pieno del boom economico americano, per questo motivo si osserva una fase di crescita quasi costante, piccoli cali si osservano solo a metà degli anni 70 e nei primi anni 80. Un primo crollo lo si osserva nel 1987, il famoso “lunedì nero”, ma dato che questa caduta non era supportata da una crisi reale venne subito riassorbita dal mercato. La crescita è costante fino agli anni 2000, da qui inizia un ciclo di mercato nel quale ci troviamo tutt’ora. In questo ventennio si osservano 2 grandi crolli che hanno dato vita ad una seguente crisi economica, il primo nel 2001 e il secondo nel 2008.

Ogni volta che si parla di spostamento sul mercato si parla anche di rischio: la volatilità non è una variabile oggettiva e misurabile da un unico valore, essa rappresenta l’effetto che hanno gli spostamenti di mercato, che spesso sono legati a ragioni economiche, sugli investimenti, ed è per questo che si studia sui rendimenti.

Nel capitolo I si è cercato di dare una spiegazione del termine “volatilità”, e si sono indagate le sue cause: la volatilità sostanzialmente rappresenta la rischiosità dei rendimenti di un determinato strumento finanziario nel tempo. E’ considerata una variabile importante dagli esperti di finanza che si occupano da anni del problema, dato che l’interesse degli investitori è rivolto a ottimizzare il rapporto rischi/rendimento indagando le dinamiche che muovono i mercati finanziari, in modo da poter attuare delle strategie d’investimento. Si sono descritte le cause che possono generarla, che sono sempre legate alle informazioni, che provocano innovazioni importanti sul mercato: per questo motivo si parla anche di effetto psicologico legato al rilascio delle notizie, che inserisce la volatilità all’interno del discorso della finanza comportamentale come causa principale dell’irrazionalità dei mercati.

Una delle importanti caratteristiche della volatilità è la sua variazione nel tempo: si è descritto come la fluttuazione del prezzo nel passato è fondamentale per capire la volatilità nel presente. Un’altra caratteristica riguarda l’impatto asimmetrico delle innovazioni, per cui a è stato spesso osservato che i movimenti a ribasso tendono ad essere seguiti da una volatilità maggiore di quella risultante da movimenti a rialzo dello stesso ordine di grandezza. Introducendo lo studio delle opzioni nella formula di Black & Scholes si è spiegato come i prezzi delle opzioni put e call riflettano la volatilità attesa futura: se le aspettative sono quelle di un mercato in crescita aumenterà il prezzo della call, se invece le prospettive sono di un mercato in diminuzione aumenterà il prezzo della put. Nel finale del capitolo si è introdotto l’indice di volatilità implicita VIX che viene calcolato sullo S&P500 e fornisce la volatilità prevista per le successive 30 sedute di borsa: è un indice calcolato sulle opzioni del suo sottostante, dal momento che ogni opzione riflette le aspettative del mercato. Si è descritto come questo indice tende a muoversi nella direzione opposta rispetto all’indice di riferimento, raggiungendo le sue vette più alte durante i periodi di “turbolenza finanziaria” in cui gli investitori hanno paura, per questo motivo questo indice è stato anche soprannominato “indicatore della paura”.

Nel capitolo II viene affrontato lo studio della volatilità dei rendimenti di una serie finanziaria (il rischio), che rappresentano l’oggetto più interessante dell’analisi in quanto misurano l’effettivo risultato degli investimenti. Nell’analisi del processo generatore dei rendimenti si distinguere – al solito – un valore atteso condizionato all’informazione a disposizione in passato (usualmente al tempo precedente) da quello che costituisce un’innovazione (o errore) rispetto a quanto ci si aspettava la cui varianza è studiata come misura del rischio.

Gli studi empirici su volatilità e rendimenti si concentrano frequentemente sullo S&P500 e sulla sua relazione con il VIX. Diversi autori stimano la media dei rendimenti o come un white noise, o come un modello autoregressivo di primo ordine: solitamente si è portati a pensare che la media dei rendimenti finanziari si distribuisca come un white noise, tuttavia alcuni autori sostengono che l’evidenza empirica tende ad avvalorare l’ipotesi che i rendimenti passati siano determinanti per il valore dei rendimenti presenti e per questo utilizzano un AR(1).

I modelli utilizzati allo studio della varianza appartengono alla classe ARCH: la modellistica considera specificazioni con componenti asimmetriche e non; sostanzialmente si utilizzano modelli GARCH, GJR GARCH, TGARCH. Tutti gli autori che sono stati citati  utilizzano modelli stimati sulla base del solo primo ritardo, sostenendo che modelli più semplici sono più facili da utilizzare e confrontare. Su tutti i modelli è inserita come variabile esogena il VIX; anche se talora sono considerate altre variabili esogene il VIX sembra essere sempre l’informazione più “significativa”.

La stessa importanza di questa variabile è riscontrata anche nelle previsioni: in ognuno degli studi citati i modelli stimati con e senza VIX tra le esogene vengono utilizzati per prevedere la varianza futura dei rendimenti. I risultati dimostrano che il VIX è una variabile che aggiunge informazione al modello.

Nella parte finale del capitolo vengono descritti analiticamente i modelli per lo studio della varianza dei rendimenti appartenenti alla classe ARCH (Engle 1982). Inizialmente descritti modelli che non considerano la componente asimmetrica della volatilità: ARCH, GARCH (Bollerslev 1986); successivamente considerando l’asimmetria si parla di modelli: TGARCH (Zakoian 1994), EGARCH (Nelson 1991). L’analisi empirica affrontata nell’ultimo capitolo ha verificato che il VIX (indice di volatilità implicita) può essere utile a spiegare la volatilità dell’indice S&P500. I dati considerati interessano un intervallo di 6 anni dal 2004 al 2010.

Nella prima parte dello studio si è cercato di trovare il modello più adeguato per la media condizionata dei rendimenti: ci si poteva aspettare che i rendimenti si distribuissero come un processo WN, tuttavia, come affrontato in diversi articoli citati, si è riscontrato che il modello migliore per rappresentare il processo generatore dei dati su questi rendimenti è un AR(1). Quindi si è dimostrato come i rendimenti siano generati dai loro valori passati: per verificare questa assunzione, si sono calcolate le stime autoregressive su intervalli di 3, 2 e 1 anno, e si è verificato che è la distribuzione è sempre accettata, in termini di probabilità, nel corso del tempo.

Successivamente è stato affrontato lo studio della varianza: l’ipotesi di base era quella di iniziare stimando modelli più semplici e implementare il numero di ritardi a seconda della necessità. La variabile esogena considerata nel modello è il VIX: tuttavia sono state calcolate delle variazioni di VIX in grado di dare peso all’effetto asimmetrico della volatilità: log(VIX) e VIX2. Quindi si sono stimati i modelli ARCH(1), GARCH(1,1) e TGARCH(1,1), in modo da fare un confronto tra modelli che considerano o meno l’asimmetria in volatilità, inserendo tutte le variabili esogene ed escludendo progressivamente quelle non significative. I risultati hanno dimostrato che il modello più semplice è anche il più significativo ossia un ARCH(1) che considera VIX e VIX2.

Dimostrata la robustezza del modello si è passati alle previsioni: sono state calcolate delle previsioni dinamiche EX-POST sul modello considerato, in modo da avere un confronto con i rendimenti reali. Si sono previsti gli ultimi 30 valori della serie, una volta testata la correttezza degli errori di previsione, si è passati a confrontare le previsioni ottenute da questo modello con le previsioni di un modello RW: si è scelto il RW dal momento che è un modello molto semplice, in quanto per prevedere il rendimento al tempo t utilizza il rendimento a t-1, quindi se questo modello ottiene previsioni migliori del modello stimato, l’analisi perderà il suo valore.

Dal confronto degli EQMP (errore quadratico medio) e degli EMA (errore medi assoluto) si è dimostrato migliore il modello stimato, in quanto mediamente commette meno errori nelle previsioni. Lo stesso risultato è ottenuto da test non parametrici, quali il “test dei segni” e il “test dei ranghi”, da cui si evince che il modello stimato in analisi produce previsioni migliori.

Un ultimo confronto fra i modelli è fatto tramite l’”accuracy trend”, in cui si ipotizzava una strategia d’investimento con il quale si entra sul mercato ogni volta che la previsione risulta positiva, moltiplicando il capitale investito per il rendimento reale della giornata. Dai risultati ottenuti si osserva che previsioni RW permettono di ottenere migliori performance in termini di rendimento, tuttavia il modello stimato sembra più accurato nel trend, dato che entra meno sul mercato, ma quando entra prevede più volte il segno correttamente.

Infine si è dimostrato, valutando gli errori, che inserire il VIX nel modello è significativo, dal momento che riduce l’errore in previsione rispetto ad un modello che non considera questa componente.

Alla luce dei risultati dell’analisi si può valutare in modo positivo il modello stimato, considerandolo un buon previsore per i rendimenti futuri: tuttavia deve essere utilizzato come uno strumento per prendere delle decisioni, e non affidarsi completamente ai risultati.

Uno dei problemi principali che il trader si trova ad affrontare nelle operazioni di compravendita di attività finanziarie è la scelta del timing più opportuno per aprire delle posizioni sul mercato. Cappellina , Sartore (1999) affermano che il concorrere di vari fattori impedisce alle diverse metodologie, introdotte dagli analisti tecnici per elaborare segnali buy/sell, di mantenere un costante grado di affidabilità. In via principale, la mancata o imprecisa conoscenza della futura tendenza dei corsi, l'erronea utilizzazione di algoritmi di analisi tecnica e, a volte, la loro incapacità di individuare i punti di svolta, conducono a una cattiva gestione delle strategie di trading. Per migliorare l'uso dell'analisi tecnica e soprattutto per raggiungere una maggiore sicurezza nel trade si può ricorrere all'utilizzo congiunto dei modelli econometrici previsionali e dell'analisi tecnica.

I vantaggi che si possono conseguire mediante tale integrazione sono diversi. Un primo vantaggio è la possibilità di compensare le carenze insite nelle due metodologie di analisi. Tuttavia la previsione econometrica non può essere utilizzata direttamente come una trading strategy (soprattutto perché esiste l'errore di previsione). Questa carenza,  però, può essere compensata dall'analisi tecnica che non costituisce uno metodologia di previsione, quanto piuttosto una disciplina operativa. Viceversa, l'inadeguatezza dell'analisi tecnica nel definire strumenti di previsione viene compensata dall'uso dei metodi econometrici mediante i quali si trovano dei valori scientificamente fondati aventi determinate proprietà probabilistiche.

Inoltre la previsione econometrica ha il pregio ulteriore di far conoscere le tendenze delle quotazioni nei singoli periodi appartenenti all'intervallo di previsione. Se il previsore stimato è robusto, e lo si ritenere attendibile, può essere di supporto alle decisioni da prendere sul mercato, dal momento che, se è stimata in modo adeguato la  varianza, è in grado di prevedere la variabilità futura.

I risultati ottenuti in questo studio permettono di affermare che il modello stimato aiuta ad esprimere la variabilità dei rendimenti dello S&P500 in questi 6 anni considerati, dando al VIX grande importanza in quanto variabile esplicativa del modello. Si ottengono delle buone previsioni della volatilità futura, che possono essere utilizzate in una strategia d’investimento, tuttavia, come già detto, questi risultati vanno utilizzati come supporto alle scelte di mercato.

Grazie a questo studio si è dimostrato che il modello econometrico ottenuto, considerato congiuntamente con strategie di trading più pratiche, è sicuramente d’aiuto nel prendere decisioni e nel minimizzare il rischio futuro: analizzando la rischiosità dello S&P500 dal 2004 ad oggi, si è in grado, seguendo i risultati della’analisi, di prendere decisioni per il futuro andamento di mercato (dal 2010 in poi).

In conclusione, la presa in considerazione delle previsioni ottenute dall'econometria e dei concetti di supporto e di resistenza, di trend, e quindi di fasi di mercato (trading e trading phase), di indicatori e di oscillatori, ecc., concetti propri dell'analisi tecnica permettono di avere una visione operativa più completa e di ridurre il rischio finanziario insito in ogni trade.

Mirko Cavallaro

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