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La performance dei fondi comuni di diritto italiano

L’alfa di Jensen

Nel 1968 l'economista Michael Jensen sviluppò una misura risk-adjusted performance al fine di analizzare l'abilità del gestore di un fondo di investimento di prevedere i prezzi futuri delle attività finanziarie e quindi che consentisse di determinare la capacità di quest'ultimo di selezionare i titoli sottovalutati. Tale misura, comunemente denominata alfa di Jensen (a) è infatti definita come il rendimento incrementale o extrarendimento che un fondo di investimento ha prodotto rispetto alla redditività che avrebbe dovuto offrire sulla base del suo livello di rischio sistematico, misurato dal b. Analiticamente:

a PK = R PK - R CAPM

dove:
R PK è il rendimento medio del fondo nel periodo considerato e
R CAPM = R f + b PK · ( R BENCHMARK - R f ) è il rendimento che il fondo avrebbe dovuto offrire in base al proprio livello di rischio di mercato, nell'ambito del CAPM;
R f è il rendimento medio dell'attività priva di rischio;
R BENCHMARK è il rendimento medio del benchmark (o del mercato, a seconda del tipo di confronto che ci interessa)
b PK è la misura di rischio sistematico o di mercato del fondo di investimento.
I prodotti gestiti che presentano valori significativamente positivi nel tempo dell'alfa di Jensen (che può essere espresso in termini percentuali, risultando quindi di facile comprensione) sono riusciti "a battere il mercato", cioè hanno prodotto un rendimento superiore a quello atteso in base al rischio sistematico assunto.
Tale extrarendimento è stato determinato dalla capacità del money manager di posizionarsi con maggior peso sui titoli sottovalutati che compongono il benchmark da un lato, e dall'altro di ridurre l'esposizione verso le attività sopravvalutate. Discorso opposto per i fondi di investimento caratterizzati da valori significativamente negativi nel tempo dell'alfa, i cui gestori non si sono dimostrati particolarmente abili nelle scelte relative alla composizione del portafoglio.

Dott. Luigi Salvatore Picariello

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