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La realtà inventata...non dalla psicologia ma dalla. fisica!

Modelli della realtà in sintonia con il Teorema di Bell

Molti dei modelli della realtà che esamineremo sono in armonia con il Teorema di Bell. La teoria della realtà del fisico David Bohm, che include l'ordine implicito invisibile, è un modello rigorosamente non localistico e lo stesso vale per la teoria dei campi morfogeni di Rupert Sheldrake.

In sintonia con il Teorema di Bell è anche il modello della Mente Universale del fisico Henry Margenau: egli lo ipotizza completamente non materiale e non localizzato nello spazio e nel tempo. Possiamo anche aggiungere la teoria della Mente Una di Erwin Schródinger anch'essa decisamente non localistica ed altre ancora che esamineremo.

Tutte queste tesi parlano di un mondo dietro le quinte che è al di là della realtà degli oggetti e delle persone. Alla base dei fenomeni quali le menti separate, individuali, c'è un'unità fondamentale che è primaria. Il Teorema di Bell è importante perché fornisce una potenziale convalida al concetto di una basilare unità sotto forma di prove matematiche e dati sperimentali.
Herbert dichiara: "Il Teorema di Bell richiede che la nostra conoscenza in materia quantistica sia non localizzata e collegata istantaneamente a qualsiasi cosa con cui sia venuta in precedenza in contatto".

Questa è essenzialmente una definizione della mente non localizzata: una mente che è collegata a tutto il resto, a tutti gli altri momenti, luoghi e persone. Eppure non è stato ancora possibile dimostrare che messaggi significativi possano essere trasmessi in modo non localizzato fra entità separate, come tra due computer ampiamente distanziati fra loro. Nonostante molti sforzi, nessuno strumento in grado d'intercettare segnali superluminali è mai stato costruito, benché esistano le connessioni non localizzate. Il Teorema di Bell non ci dice come, usare le connessioni fra entità.

Questa semplice constatazione ha indotto Herbert a suggerire che forse queste connessioni non esistono per essere da noi «utilizzate». Forse esse non esistono «per» qualcosa; forse semplicemente esistono.

Ma che la teoria consenta implicitamente o meno il determinarsi di un qualsiasi tipo diretto di comunicazione, nondimeno pare che a volte noi comunichiamo in modo non localizzato. Di fatto, esistono molti tipi di comunicazione umana non localizzata. Nessun reale contatto è necessario fra le parti comunicanti, e non pare che nessun segnale si determini tra di loro. A volte la comunicazione sembra essere realmente non mediata, intatta e immediata: i tre caratteri principali della realtà non localizzata. Come abbiamo visto in questo testo, gli effetti della cura psichica paiono uno di questo tipo di comunicazione.

Alcune delle dimostrazioni più spettacolari di comunicazione evidentemente non localizzata si sono avute nel campo della parapsicologia, soprattutto grazie all'opera dei fisici Harold Puthoff e Russell Targ dello Stanford Research Institute e di Robert G. Jahn, preside ad honorem dell'Istituto di Ingegneria della Princeton University, e della sua collega Brenda J. Dunne, dei quali abbiamo brevemente precedentemente accennato.

Il lavoro di Jahn e della Dunne ripetiamo, descritto nel loro libro Margins of Reality [Margini di realtà] è diventato una pietra miliare. Esso è particolarmente valido perché scuote alle fondamenta, in modo molto convincente e a livello della vita quotidiana, il presupposto di una realtà localizzata. Gli autori mostrano che i risultati di una varietà di esperimenti non possono essere spiegati in termini di menti che agiscono in modo localizzato: menti limitate al presente e confinate a singoli cervelli.

Particolarmente stimolanti e affascinanti sono i loro esperimenti sulla percezione a distanza, che sono stati replicati da altri laboratori indipendenti. In questi esperimenti, un «mittente» con sede fissa cerca di trasmettere un messaggio a un «ricevente» che si trova a distanza anche di circa diecimila chilometri; l'informazione ricevuta viene registrata a mezzo computer. Non solo si è dimostrato possibile trasmettere l'informazione in modi tali da dimostrare che la misura della separazione spaziale è irrilevante, ma a volte addirittura il ricevente «ottiene» l'informazione fino a tre giorni prima del suo invio. In un mondo localizzato questi eventi non sarebbero possibili.

Simili esperimenti lasciano intravedere il tipo di realtà tratteggiata nel Teorema di Bell, un mondo non localizzato in cui alcuni mutamenti possono essere trasmessi in modi che sono non mediati, intatti e immediati, anzi addirittura ancora più rapidi che «immediati»: addirittura prima che qualcosa sia avvenuto. Dato che l'informazione è stata ottenuta prima ancora di essere conosciuta dal mittente, è avvenuto che la mente del ricevente abbia potuto sondare il tempo nel futuro e sapere, nel momento presente il futuro. Insomma, questi esperimenti suggeriscono che le menti del ricevente e del mittente non fossero realmente separate, ma una.

Jahn e la Dunne hanno anche dimostrato in modo decisivo che soggetti umani possono influenzare mentalmente i dati ottenuti da macchine mirate a eventi microscopici intrinsecamente casuali, come la diminuzione di radioattività. Inoltre: questa abilità si estende al mondo del macroscopico: alcuni soggetti possono influire su un processo casuale su larga scala, come i pattern forniti da palle di polistirolo che cadono in modo casuale in una serie di spazi aperti verticali. Particolare interessante, i risultati di soggetti singoli in questi compiti, nel corso di centinaia di prove, lascia un pattern caratteristico diverso per ciascuna persona: un tipo di «firma psichica» che cambia poco da un esperimento all'altro.

Stefano Calamita

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